Non è riuscito a portare François Fillon oltre il primo turno delle presidenziali, ma potrebbe risultare determinante nel rush finale della corsa all’Eliseo. A decidere del futuro della democrazia francese potrebbe essere, almeno in parte, anche il voto cattolico. Nonostante sia difficile dire con precisione a quanto corrisponda in termini di consensi reali, in un paese in cui è vietato ogni sorta di censimento confessionale. In ogni caso, si tratta di alcuni milioni di elettori, di cui tra i 3 e i 5 milioni si autodefiniscono come «praticanti».

Il punto è che durante il quinquennato di François Hollande a dominare la scena è stata una agguerrita minoranza della comunità cattolica, fortemente conservatrice e legata alla destra politica, che è sembrata, a tratti, parlare in nome di un numero di fedeli molto più vasto. Si tratta del circuito di gruppi e comitati che ha dato vita al movimento della Manif pour tous che si è opposto alla legge in favore dei matrimoni civili tra persone dello stesso sesso promulgata nel 2013. Dalla mobilitazione, che ha più volte assunto un carattere apertamente omofobo e ha visto la convergenza di settori anche violenti della destra radicale, oltre che dei Républicains di Sarkozy e dei settori del Front National vicini alla deputata del midi, Marion Maréchal-Le Pen, è nata anche un’associazione, Sens commun, una sorta di lobby «pro-famiglia tradizionale, anti-abortista e contraria all’ideologia gender».

In vista delle presidenziali, questo circuito ha puntato sul candidato del centrodestra Fillon, sostenendolo anche nei momenti di maggiore difficoltà dovuti allo scandalo del Penelopegate e riempiendo ad esempio con decine di migliaia di persone il Trocadéro a Parigi lo scorso 5 marzo.

Fermatosi al 20% e perciò escluso dal ballottaggio, l’esponente conservatore ha invitato a fermare il Front National votando Macron, ma sia i vertici della Manif che quelli di Sens Commun si sono detti indisponibili a sostenere quello che hanno definito come un «candidato apertamente anti-famiglia». Non si tratta ancora di un esplicito endorsement per Marine Le Pen, anche se ne ha tutta l’aria.

In un comunicato redatto dagli ex organizzatori delle mobilitazioni anti-matrimonio omosex, si legge infatti, «rifiutiamo di dare qualunque indicazione di voto, il nostro solo “candidato” è la famiglia», per questo, «per le famiglie, per i bambini, per il futuro, il 7 maggio (data del secondo turno, ndr) diciamo “no” a Macron». Questo, anche se negli stessi ambienti c’è chi immagina più probabile l’astensione, come rifiuto sia alla presunta continuità con Hollande di Macron che all’estremismo del Front National.

A rompere gli indugi è stata invece apertamente Christine Boutin, alla testa del piccolo Partito cristiano-democratico e già ministra durante la presidenza Sarkozy, che tenta da tempo di costruire un fronte politico «in nome della difesa dei valori cattolici», che ha spiegato come «per opporsi a Macron che è contrario alle idee per cui io, e tanti come me, si sono battuti per tutta la vita, bisogna votare per Marine Le Pen».

Che qualcosa si stia muovendo negli ambienti della destra cattolica in vista del secondo turno, lo dimostra anche la marea di manifesti taroccati che ha invaso le stazioni e i vagoni del metrò parigino mercoledì: vi erano raffigurati i candidati alle presidenziali nell’atto di impegnarsi contro la legislazione sull’aborto. Una provocazione notata dai viaggiatori dell’ora di punta cui ha risposto un comunicato di scuse da parte della direzione della Ratp.

Sul fondo resta poi l’esitazione dell’episcopato francese, che in passato aveva apertamente invitato a votare contro l’estrema destra e che in questo caso appare distante sia dalla linea anti-immigrati di Le Pen, che ha recentemente attaccato anche il Papa su questo tema, che da quella liberale e individualista di Macron. «I vescovi sembrano paralizzati, quasi non osano intervenire», sottolinea padre Nicolas de Brémond d’Ars, sociologo del Ceifr, l’istituto che studia la presenza religiosa in seno alla società transalpina, che aggiunge come «però, in mancanza di una parola chiara sul Fn, una parte importante dei cattolici rischia di votare Le Pen».