La pentola della protesta sociale bolle, sempre più forte. Dallo sciopero delle ferrovie nazionali, la Sncf, che continua, fino agli scontri di ieri per lo sgombero a Notre-Dame-des-Landes, passando per i netturbini e gli ospizi per anziani, sono diversi i settori in agitazione che potrebbero unirsi e portare a un’esplosione di malcontento generalizzata. Malumori da prevedere anche nella maggioranza in Parlamento, con la discussione della legge «asilo, immigrazione» che arriva in aula a giorni.

MACRON, finora silenzioso, gioca questa settimana la carta dell’opinione pubblica: un’intervista su Tf1, prima rete privata, alle ore 13 di giovedì, seguita, domenica, da un’altra su BfmTv e Médiapart. Scelta tattica, il tg di Tf1 alle ore 13 è quello più seguito – 5 milioni di telespettatori – soprattutto nelle province e tra i pensionati (la diretta sarà da un’aula di una scuola elementare del paesino di Berd’huis, in Bretagna, poco più di mille abitanti).

BfmTv è la televisione di informazione continua più seguita, mentre Médiapart è il sito preferito dalla sinistra. L’opinione pubblica, per il momento, non sostiene in maggioranza lo sciopero delle ferrovie, l’adesione è in leggero calo (al 44%) – il secondo round di due giorni di blocco è finito ieri, per riprendere venerdì (e alla Gare du Nord l’assemblea dei ferrovieri ha votato per uno sciopero illimitato a partire da quella data). Dodici università sono bloccate, in alcune è a rischio la sessione di esami di fine anno. A Parigi nella sede di Tolbiac (Sorbonne), dopo Montpellier, c’è stata un’irruzione violenta di un commando dell’estrema destra contro gli studenti che occupano.

L’ULTIMA INCHIESTA di opinione dà un risultato sorprendente: l’adesione a Macron sale al 65% tra i quadri dirigenti e «la Francia che va bene», mentre crolla decisamente tra le classi popolari (anche se in queste categorie molti protestano per le conseguenze dello sciopero dei treni).

La battaglia, nelle ferrovie ma non solo, sta uscendo dal conflitto sindacale, per diventare ideologica: i ferrovieri, difesi dalla sinistra e con dei sindacati che restano uniti, sono riusciti a centrare lo scontro sulla difesa del servizio pubblico, mentre il governo appare sempre più come il difensore liberista della deregulation. Il bashing dei ferrovieri, accusati di essere dei «privilegiati» perché godono di uno statuto protettivo, ha avuto effetti perversi, la «colpa» del grosso debito (50 miliardi) che paralizza lo sviluppo della Sncf in vista dell’apertura alla concorrenza non è addebitata dall’opinione pubblica ai ferrovieri, ma ai dirigenti e allo stato.

 

Macron scende in campo questa settimana, per cercare di convincere sull’opportunità e la legittimità delle «riforme», dal terremoto alla Sncf al sistema Parcoursup per l’entrata all’università (che gli studenti accusano di introdurre elementi di selezione, mentre per il governo dovrebbe risolvere lo scandalo delle iscrizioni fatte tirando a sorte nelle facoltà più richieste, 70mila studenti in questo caso per l’anno accademico in corso). Ma i sindacati moderati (Cfdt in testa) lanciano l’allerta: è il «metodo» del governo che non funziona, la trattativa è falsata, senza dialogo con i corpi intermedi, che Macron e il suo governo danno l’impressione di voler annientare. Il clima sociale è «vulcanico» dice Laurent Berger, leader della Cfdt.

Ieri, un migliaio di ferrovieri hanno manifestato sotto le finestre dell’Assemblée nationale, dove iniziava la discussione della riforma della Sncf. A Notre-Dame-des-Landes, nella Zad dove la protesta ha vinto e non sarà costruito il contestato aeroporto, è iniziata l’evacuazione di coloro che non si sono iscritti a un progetto di lavoro e sviluppo. Uno schieramento di 2.500 gendarmi, per sgomberare 6 persone e mettere fine a 13 squat (su 97). Una sproporzione che sta sollevando critiche e ironie.

LA MAGGIORANZA En Marche arriva divisa all’imminente discussione sulla legge «asilo, immigrazione». Ci sono già 900 emendamenti al testo di legge, che il ministro degli Interni, Gérard Collomb, difende in nome della lotta al «populismo»: ma contro quella che chiama sommersione» da parte dei migranti, Collomb propone più fermezza che umanità.