Lo scontro ormai non potrebbe essere più duro. Da una parte Parigi continua a sbattere porte in faccia alle richieste italiane di far passare i migranti africani che da giorni protestano a Ventimiglia e ribadisce l’intenzione di tenere ben chiusa quella porta. Dall’altra Roma, che risponde all’ostinazione francese minacciando di «fare da sola», con il premier Matteo Renzi che avverte i cugini che «le posizioni muscolari non aiutano» e il ministro degli Interni che minaccia: «Se l’Ue non accetta di accogliere i migranti arrivati qui – dice Alfano -, l’Italia che l’Europa si troverà davanti non sarà più quella solidale che è stata finora, ma ricambieremo lo stesso atteggiamento».

A palazzo Chigi la questione immigrazione sta diventando sempre più un problema centrale per il governo, già scosso per lo scarso successo ottenuto nei ballottaggi di domenica. Perdere la faccia su un’emergenza sulla quale si è investito tantissimo potrebbe essere pericoloso anche e soprattutto sul fronte interno. Oggi a Lussemburgo si terrà il vertice dei ministri degli Interni dei 28, preceduto da un mini summit tra il commissario europeo per l’Immigrazione Dimitri Avramopoulos e i ministri di Francia, Italia e Germania. In vista dall’appuntamento, ieri Renzi ha convocato Alfano a Palazzo Chigi per mettere a punto la strategia. «Le scene che si sono viste a Ventimiglia rappresentano un pugno in faccia per tutta l’Europa che vuole chiudere gli occhi», aveva spiegato nel pomeriggio Alfano al termine di un vertice alla prefettura di Milano con il sindaco Pisapia. Anche perché la pressione esercitata dai migranti ha solo come primo obiettivo il nostro Paese ma in realtà, è la tesi del governo, «spingono su tutta l’Europa».

Questa è il nuovo punto di partenza del ragionamento che Alfano terrà oggi ai partner europei, ai quali ricorderà come nel 2011 fu l’Europa, Francia in testa, a bombardare la Libia dando origine alla situazione di caos nel Paese nordafricano le cui conseguenze si pagano fino in fondo oggi. «E’ ingiusto che a sopportare questo peso sia solo l’Italia», ha ribadito il ministro degli Interni. Quindi, è la conclusione, o si accetta il piano proposto dalla commissione Juncker, che prevede la distribuzione di 40 mila richiedenti asilo eritrei e siriani (24 mila dall’Italia e 16 mila dalla Grecia) mantenendo l’obbligatorietà dei ricollocamenti, oppure «faremo da soli».
E qui ci sarebbe il famoso piano alternativo di cui Renzi parla da giorni ma che ieri una portavoce della commissione europea ha detto di non aver mai visto. Di fatto si tratterebbe di oltrepassare i vincoli imposti dal regolamento di Dublino, per i quali i profughi devono rimanere nel primo Paese in cui sono arrivati, rilasciando permessi temporanei che consentirebbero ai richiedenti asilo di spostarsi in Europa. Provvedimento analogo a quello adottato dal governo Berlusconi con i tunisini. «L’immigrazione, ha spiegato ieri Renzi, è una «vicenda complessa che si gestisce con la solidità di un Paese come il nostro che non può consentire alla Francia di avere navi nel Mediterraneo e lasciare i migranti in Italia».

Parole che dall’altra parte delle Alpi non vogliono nemmeno sentire. «Chi sono questi migranti?», ha chiesto il ministro degli Interni Cazeneuve. «Ci sono molti migranti economici irregolari che non sono dunque oggetto di persecuzioni. Non possiamo accoglierli, dobbiamo riaccompagnarli alla frontiera». Cezeneuve ha poi proposto di allestire campo profughi gestiti dall’Onu in Italia e grecia, in modo da poter procedere alla selezione dei migranti e respingere subito quelli economici.

Il problema, però, non riguarda solo a Francia. A Bruxelles sono molti i paesi ostili al piano Juncker al punto che in queste ore si starebbe studiando una possibile mediazione accettabile per tutti. Mantenendo fissa la quota di 40 mila profughi da distribuire, l’idea è quella di sostituire l’obbligatorietà a prendere richiedenti asilo con la richiesta agli Stati membri di arrivare a una accordo per un’equa divisione. In questo modo si consentirebbe ai governi – pressati dalla formazioni di destra – di salvaguardare la sovranità nazionale, e quindi la faccia di fronte alle rispettive opinioni pubbliche. Una proposta che potrebbe trovare l’accordo i Paesi baltici, ma anche Spagna, Polonia e Portogallo. Anche se la decisione finale spetterà poi al consiglio dei capi di Stato e di governo del 26 giugno prossimo.