Ieri, incontro Emmanuel Macron-Olaf Scholz a Berlino. Oggi, riunione del «Formato Normandia» all’Eliseo, un tentativo di ridare vita al dialogo tra Russia, Ucraina, Francia e Germania, un «modello» nato dopo la guerra del Donbass nel giugno 2014, che nel febbraio 2015 ha portato agli accordi di Minsk e all’accordo di cessate il fuoco.

Venerdì Macron avrà un colloquio telefonico con Putin. L’Europa cerca di ritrovare uno spazio, per pesare sulla situazione che rischia ogni giorno di degenerare, dopo il periodo di messa ai margini, quando Washington e Mosca hanno brutalmente riesumato il clima di guerra fredda e di rapporti tra «superpotenze».

LA UE HA DIFFICOLTÀ a trovare una linea comune tra chi propone una de-escalation e i paesi più esposti, Baltici e Polonia (appoggiati dalla Gran Bretagna, in questi giorni molto bellicista).

Gli europei si muovono con difficoltà, per tenere in piedi una linea che concili tentativo di dialogo con la Russia da un lato e dimostrazione di forza dall’altro, come si è visto dalla lista dei rinforzi militari di alcuni Stati europei, presentata due giorni fa dal segretario della Nato, Jens Stoltenberg, che assicura che Svezia e Finlandia stanno bussando alla porta dell’Alleanza, resuscitata da Putin.

Ieri, gli europei sono stati sorpresi dalle nuove prese di posizione statunitensi, lo stato di allerta militare e le minacce Usa, che si sono detti pronti a bloccare l’esportazione di tecnologie di ogni tipo verso la Russia, fino a proibire l’uso del dollaro (e non seguono il ritiro delle famiglie di diplomatici Usa).

Per il momento, in attesa di conoscere il contenuto della lettera che Washington si prepara a spedire a Putin, la Commissione studia possibili nuove sanzioni, in caso di invasione dell’Ucraina.

C’È L’OPZIONE DI DIMINUIRE la dipendenza della Ue dal gas e dal petrolio russo (rispettivamente 46,8% e 20%). Per la Germania, resta in sospeso c’è l’apertura della pipeline North Stream 2. La Cdu, all’opposizione, adesso si oppone al North Stream 2, che Scholz continua a definire «progetto privato», mentre il ministro dell’Economia e del Clima, Robert Habeck, parla di «errore sul piano geopolitico».

Gli Usa hanno sempre ostacolato il North Stream 2 e adesso puntano il dito contro quella che definiscono l’ambiguità tedesca (titolo di qualche giorno fa del Wall Street Journal: «La Germania è un alleato affidabile degli Usa? Nein». La Ue è ben consapevole che le sanzioni alla Russia avranno conseguenze nei Paesi europei più che negli Usa.

I 27, A FINE RIUNIONE dei ministri degli Esteri a Bruxelles lunedì, in presenza video del segretario di stato Usa, Antony Blincken, hanno annunciato un piano «importante» e «preparato», in caso di invasione.

Alla conclusione della multi-telefonata tra Biden e i leader di Francia, Germania, Gran Bretagna, Polonia, Commissione e Consiglio europeo (alla fine ha partecipato anche Mario Draghi, in forse fino all’ultimo), è stato sottolineata l’importanza di trovare una soluzione diplomatica, ma anche evocati i «preparativi» per imporre «conseguenze importanti e costi economici severi alla Russia».

Macron, che ieri a Berlino ha sottolineato la «solidarietà all’Ucraina», insiste sulla «necessità di adoperarsi collettivamente a favore di una de-escalation rapida» con la Russia. La Francia propone un «dialogo rafforzato», ma al tempo stesso partecipa (con l’annuncio di un possibile invio di truppe in Romania sotto comando Nato) alle manovre militar-diplomatiche per mettere in guardia in modo credibile la Russia.

Alla riunione del Formato Normandia all’Eliseo, oggi, in questione le richieste russe (nessun nuovo allargamento della Nato e ritiro delle forze dell’Alleanza Atlantica dai Paesi entrati dopo il 1997). Ma è anche in questione la legge «di transizione» ucraina, che riguarda Donbass e Crimea, in vista della loro «reintegrazione» sotto l’autorità di Kiev e che definisce la Russia «Stato aggressore e occupante», non conforme agli accordi di Minsk.

Nei prossimi giorni, i ministri degli Esteri di Francia e Germania andranno in Ucraina. Oggi, il commissario Ue all’allargamento, Oliver Varhelyi, è a Kiev, in sostegno alla «sovranità» e all’«integrità territoriale» dell’Ucraina, a cui la Ue ha destinato 1,2 miliardi per la difesa (e 6 miliardi di investimenti, che si aggiungono ai 17 miliardi di finanziamenti versati dal 2014).