Si annuncia un’eclissi della maggioranza di sinistra alle elezioni dipartimentali di domenica (il secondo turno è il 29 marzo). Sulla sessantina di dipartimenti controllati dalla sinistra, che da vent’anni era in constante progressione, il Ps potrebbe conservarne soltanto un terzo e il Pcf rischia di uscire completamente di scena dalle presidenze. La vittoria verrà spartita tra Fronte nazionale e Ump. Al “terzo turno”, cioè per la scelta dei presidenti dei consigli dipartimentali, a fare man bassa sarà l’Ump, guidata da Nicolas Sarkozy, che si sta costruendo la base per riconquistare l’Eliseo nel 2017. Ma domani sera, il primo partito di Francia, dopo la forte astensione (l’ultimo sondaggio dà il 46% di partecipazione), rischia di essere – di nuovo, era già successo alle europee – il Fronte nazionale, che per la prima volta presenta canditati nel 93% dei cantoni. Meno di tre mesi dopo la prova di unità nazionale dell’11 gennaio, di fronte agli attacchi terroristici contro Charlie Hebdo e l’HyperCacher, la Francia ripiomba nelle divisioni e nella depressione della crisi, pronta a cedere alle illusioni di un ritorno al passato di un’identità forte tra “simili”. Svariati fattori concorrono per costruire questa brutta sceneggiatura. L’estrema destra è ormai al centro del dibattito pubblico, diventata un’ossessione e tutto quello che succede sembra andare a suo favore, persino il caso del calciatore Zlatan e della dichiarazione sulla “Francia di merda”. L’Ump alimenta questo fenomeno, correndo dietro le proposte di Marine Le Pen. Hollande è criticato a sinistra, accusato di governare con un programma opposto a quello per cui era stato eletto. La sinistra ha deluso, il suo elettorato pensa all’astensione, arriva spaccata e presenta il più delle volte delle liste concorrenti (Ps, Verdi, Front de gauche), mentre Ump e centro sono in gran parte uniti. Per di più, non si vota delle zone dove la sinistra ha un peso importante: Parigi e Lione (dove il dipartimento coincide con il comune), la Martinica, la Guyana e le collettività d’Oltremare. L’elezione è locale, ma ha assunto una valenza nazionale, anche perché i dipartimenti sono in pieno mutamento: il numero dei cantoni è stato dimezzato (da circa 4mila a 2mila), non si sa ancora di preciso quali saranno le competenze di questo ente locale che il governo avrebbe voluto eliminare, trasferendone i poteri alle Regioni (ma ha dovuto fare marcia indietro, i Radicali di sinistra, solo alleato di governo rimasto, si sono opposti). Cosi’, l’unica novità positiva del voto del 22 e 29 marzo viene passata quasi sotto silenzio: per dare uno scossone a questo bastione maschilista, si voterà per un “binomio” – un sistema unico al mondo – cosi’ in ogni dipartimento ci sarà la parità (ma poi bisognerà vedere quante donne saranno elette alla presidenza, oggi al 95% in mano a uomini).

La nazionalizzazione dello scrutinio a favore del Fn E’ “una strategia ad alto rischio” secondo il politologo Pascal Perrineau. Ma il primo ministro, Manuel Valls, non si è tirato indietro. Ha attaccato di fronte Marine Le Pen, ha affermato di voler “strappare” ogni elettore all’estrema destra. “Ho paura che il mio paese si fracassi contro il Fronte nazionale”, ha affermato, pensando anch’egli alle prossime tappe, le regionali a dicembre, ma soprattutto le presidenziali del 2017. Ma l’appello al “risveglio delle coscienze” è caduto nel vuoto, l’alta astensione si conferma nei sondaggi. Mai nel passato il rischio Fn era stato cosi’ sottovalutato, gli intellettuali sono silenziosi. La “banalizzazione” e la “de-demonizzazione” volute da Marine Le Pen stanno per riuscire, il Fn potrebbe arrivare al 30% (dei votanti). La sinistra della sinistra ha respinto l’accusa implicita di Valls e ha rifiutato l’unità con un Ps considerato “traditore”. Il Fn ha imposto i suoi temi nazionali: immigrazione, questioni identitarie, la Francia (e il suo welfare) ai francesi, diffidenza verso l’Europa, ritorno delle frontiere e persino uscita dall’euro. Cosi’, la campagna ha smarrito le questioni locali, il cambiamento della dimensione dei cantoni ha attenuato i riferimenti alla “buona gestione” Ps del passato. Nessuno si preoccupa di smascherare il Fn, che presenta un programma confuso e contraddittorio, con candidati trovati all’ultimo momento, che qui e là si sono lasciati andare a dichiarazioni razziste, antisemite, omofobe. Cinque dipartimenti, tra cui il Pas de Calais, il Var e il Vaucluse (dove c’è Avignone), potrebbero essere governati dal Fn.

Il gran ritorno di Sarkozy L’ex presidente ha guidato la campagna, con l’obiettivo di ripresentarsi nel 2017. Si farà forte della vittoria annunciata, una ventina di dipartimenti che passeranno da sinistra a destra, aiutato dalla forte presenza di liste di unione con il centro Udi e anche dall’elettorato socialista al secondo turno, che rispetta ancora il “fronte repubblicano” (in caso di duello Ump-Fn, sbarrare sempre la strada all’estrema destra). La strategia di Sarkozy di voler “recuperare gli elettori Fn” a tutti i costi sta pero’ dividendo l’Ump. Sarkozy ha fatto una campagna a destra tutta, ha parlato di “assimilazione” degli immigrati (linguaggio di provenienza coloniale), ha chiesto la proibizione del velo nelle università e l’abolizione dei menu di sostituzione (senza carne di maiale) nelle mense scolastiche. Lo sfidante Alain Juppé ha preso le distanze. L’Ump rischia di spaccarsi al “terzo turno”, quando dovrà decidere se allearsi con il Fn per ottenere la presidenza di un dipartimento. Gli elettori al secondo turno sono invitati al “né né”: rifiuto del “fronte repubblicano” in caso di duello Ps-Fn (e l’elettorato si sente ormai autorizzato a votare Fn, con cui condivide molte posizioni). La strada verso il successo dell’Ump non sembra essere ostacolata neppure dagli scandali politico-finanziari del partito (caso Bygmalion e soldi neri per la campagna di Sarkozy, levata dell’immunità parlamentare del grande amico dell’ex presidente Patrick Balkany).

Hollande e il Ps paralizzati, Pcf in declino La sconfitta è già stata anticipata, tra forte astensione dell’elettorato di sinistra tradizionale, crescita del Fn e recupero dell’Ump. Per rincarare la dose, Hollande ha già fatto sapere che, comunque vada, non cambierà politica. Il segretario del Ps, Christophe Cambadelis, ripete che “il recupero economico è in marcia, è la differenza con le elezioni municipali” del 2014, che già avevano segnato una secca sconfitta socialista. Ma su 2054 cantoni rimasti, il Ps rischia di essere eliminato fin dal primo turno tra i 500 e i 700. Il governo Valls reggerà il colpo? Hollande spera di potersi limitare a un rimpasto minimo. Sotterranea, c’è una trattativa con alcune personalità ecologiste, perché entrino nel governo. Ma la direzione di Europa Ecologia non ne vuole sapere: i Verdi si stanno giocando l’unità del partito in questo periodo. In grande difficoltà anche il Pcf, che ancora è alla testa di due dipartimenti: Val-de-Marne nella periferia parigina e l’Allier. La sinistra si presenta divisa in varie liste e destra incombe, al punto che c’è persino lo spettro che la sinistra perda il dipartimento della Seine-Saint-Denis, nella banlieue parigina, dove Hollande aveva fatto più voti nel 2012 (65%). Nel 2008, con una lotta a sinistra, il Ps lo aveva strappato al Pcf. Oggi, il Ps è alleato dei Verdi e ha come rivale il Front de Gauche, che si propone come “alternativa”. Ma alle europee, nel dipartimento il Fn era arrivato in testa, superando il 20% dei suffragi, e l’alleanza Ump-Udi dalle ultime municipali controlla ormai la maggior parte dei comuni. Scenario simile nel Val-de-Marne, dove la destra corre unita di fronte a una sinistra spezzettata.