François Hollande di fronte all’Assemblea generale dell’Onu, dopo aver evocato a lungo il disordine climatico in vista della Cop 21 di Parigi, ha aperto alla Russia per trovare una soluzione alla crisi siriana. Ma il presidente francese pone la lotta contro Assad e il suo regime come punto centrale: “il dramma è iniziato con la messa in causa della dittatura”, responsabile della morte di 250mila persone e del flusso di rifugiati. “Mi parlano di coalizione, possibile, auspicabile”, ha detto, “la base è stata data a Ginevra”, e parlava di membri del governo attuale con l’opposizione, ma senza Assad. “Non si puo’ far lavorare assieme il boia e le vittime”.

Alla vigilia dell’apertura dell’Assemblea generale dell’Onu, la Francia ha realizzato il suo primo attacco aereo in Siria. Sette aerei, tra cui 5 Rafale, hanno preso di mira un campo di addestramento dell’Isis, nell’est della Siria. Con un comunicato, l’Eliseo ha spiegato domenica che si tratta di “proteggere il nostro territorio” e che il raid ha “raggiunto l’obiettivo”. Altre frappes potranno aver luogo nelle prossime settimane. Parigi invoca la legittima difesa e fa appello all’articolo 51 della Carta delle Nazioni unite, che legittima come “diritto naturale” una reazione in caso di “aggressione armata”. Per Hollande, che ha deciso l’attacco aereo in un comitato ristretto con Laurent Fabius (Esteri) e Yves Le Drian (Difesa), la Francia è aggredita perché nei campi dell’Isis si addestrano terroristi (di origine francese) che hanno colpito o sono pronti a colpire in Francia (qualche migliaio di francesi combattono, hanno combattuto o sono pronti a farlo in Siria). L’avvocato Patrick Badouin, presidente d’onore della Federazione internazionale dei diritti dell’uomo, in un’intervista a Le Monde parla di “precedente inquietante”, “al limite della distorsione della procedura”, che puo’ aprire la strada a un’escalation al di fuori delle regole dell’Onu. L’attacco aereo di domenica non è pero’ servito a Parigi per tornare al centro del gioco diplomatico. La Francia non è stata invitata a partecipare alla riunione del gruppo di contatto tra Usa, Russia, Arabia Saudita, Iran, Turchia e Egitto. Hollande ha comunque incontrato a New York il presidente iraniano, Hassan Rohani (la Francia è stata il paese più intransigente nel negoziato sul nucleare iraniano).

L’operazione aerea in Siria era stata annunciata dalla Francia il 7 settembre scorso. Fino ad allora, la Francia operava soltanto nei cieli dell’Iraq e aveva sempre rifiutato di impegnarsi in Siria, sostenendo la tesi che questo avrebbe favorito il regime di Assad. Dal 2012 prevale la tesi dei “due nemici”, l’Isis e Assad, ma Parigi, che nel 2013 avrebbe voluto attaccare il regime di Assad, ha subito un rifiuto da parte degli Usa. Sullo sfondo c’è la scelta della Francia a favore dei sunniti nello scenario mediorientale, Qatar e Arabia saudita in testa (con ricadute economiche importanti: investimenti consistenti in Francia e acquisto massiccio di armi, in ultimo anche il pagamento delle due navi Mistral costruite per la Russia, ma che andranno all’Egitto grazie al finanziamento saudita). Ma qualche giorno fa Hollande ha cominciare a delineare un cambio di strategia: Assad non fa parte dell’ “avvenire” della Siria si limita ora a dire Parigi (come Londra). Laurent Fabius ha ribadito a New York che “se diciamo ai siriani che l’avvenire passa per Assad andiamo verso il fallimento”. Per Fabius, Assad “è il primo responsabile del caos attuale”. Ma già si intensificano le voci su un possibile abbandono della carica di ministro degli Esteri da parte di Fabius, che al prossimo rimpasto (già previsto dopo l’annunciata sconfitta dei socialisti alle regionali di dicembre) potrebbe uscire dal governo e venire nominato al Consiglio Costituzionale. Tra i nomi che circolano per la successione, c’è anche quello di Hubert Védrine, che è già stato agli Esteri. Védrine ha un’altra posizione: bisogna “prendere atto del fallimento della strategia occidentale – ha affermato ieri alla radio France Inter – abbiamo messo sullo stesso piano la lotta contro Daech (Isis) e la lotta contro Assad. Moralmente, è assolutamente difendibile, una posizione piena di buoni sentimenti, ma non ha funzionato e Putin ne ha approfittato. Non avremo mai dovuto scartare la Russia da eventuale processo”. Ieri, si sono recati a Damasco tre deputati francesi, tra cui un socialista. Il regime di Assad ha “condannato” l’attacco aereo francese, perché “non è stato concordato” con il governo siriano, che di conseguenza “lo considera un’aggressione”. Ma nel futuro il “coordinamento” con le forze in campo dovrà aver luogo, non solo con Usa, Canada, Australia, Gran Bretagna e Giordania (come sta già avvenendo), ma anche con Russia e regime di Assad.