Il terremoto non ha fatto crollare nessun muro portante. Al secondo turno delle elezioni regionali, il Fronte nazionale, arrivato in testa al primo turno (dopo l’astensione), non è riuscito a conquistare nessuna presidenza. Di qui il sollievo, nella destra in cerca di una linea ideologica che conquista sette regioni (sulle 13 della Francia metropolitana) e nella sinistra di governo, che evita una disfatta, conserva cinque regioni (ma simbolicamente perde l’Ile-de-France, la regione parigina, la più popolosa) e già propende per la “continuità” senza mettersi in discussione. Ma il movimento della placca tettonica non è stato bloccato e continua a minacciare le fondamenta di una République in crisi, minata dalla paura del declino, incapace di assorbire la disoccupazione, quest’anno colpita più volte dal terrorismo, da gennaio fino al massacro del 13 novembre.

Un consistente aumento della partecipazione per questo tipo di elezioni (ha superato il 50%, in aumento dell’8,5%, più che al ballottaggio delle presidenziali del 2002 tra Chirac e Le Pen padre), ha contribuito a bloccare il Fn sulle soglie del potere. Ma tra i 3,7 milioni di nuovi elettori del secondo turno, non tutti sono stati mossi dalla volontà di sbarrare la strada all’estrema destra, una parte si è mobilitata per sostenere il Fn, che ha aumentato i voti, battendo un nuovo record: 6,8 milioni (400mila in più che al primo turno delle presidenziali del 2012), 358 consiglieri regionali eletti, contro 118 nel 2010. Il Fn vuole incarnare l’ “opposizione” al governo e si prepara alla grande sfida delle presidenziali del 2017, ormai la prossima tappa elettorale francese, tra 18 mesi. E spera che la dinamica a suo favore continui, una progressiva ascesa tra europee del 2014, municipali, dipartimentali e ora regionali.

Nessuno ha vinto il 13 dicembre. Se non, in controluce, la determinazione, presente ormai solo a sinistra, a credere ancora nei valori del “fronte repubblicano” per sbarrare la strada del potere all’estrema destra. Il “fronte repubblicano” ha bloccato l’ascesa di Marine Le Pen e di Marion Maréchal-Le Pen, rispettivamente nel Nord-Pas-de-Calais-Picardie e in Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Il Ps l’ha pagato a caro prezzo: a causa del ritiro dei suoi candidati, in queste due regioni per sei anni non ci saranno consiglieri regionali socialisti (né, tanto meno, del Front de Gauche o di Europa-Ecologia). In Alsazia-Lorena-Champagne il Fronte nazionale mostra la propria debolezza, perdendo al secondo turno anche con una triangolare (a favore della destra Lr).

Il segretario del Ps, Jean-Christophe Cambadelis, ha parlato di “successo senza gioia”, per aver evitato la disfatta annunciata (il Ps dominava 20 su 21 regioni della vecchia divisione amministrativa). Brucia particolarmente la sconfitta in Ile-de-France, dopo 17 anni al potere regionale.

Qui, nella regione più importante del paese, Valérie Pécresse (Lr) ha vinto per soli 60mila voti, con il 43,8% contro il 42,1% del socialista Claude Bartolone, attirando dei voti del Fn, sceso dal 18,4% del primo turno al 14% al secondo. La formula di Pécresse? Una campagna molto vicina agli elettori, più di 200 comizi, ma soprattutto insistenza sul “rafforzamento della sicurezza” e aver inserito nella lista Lr una decina di militanti della Manif pour tous, gli anti-matrimonio gay.

Ps e sinistra non sono riusciti a mobilitare nelle banlieues popolari: la Seine-Saint-Denis, con un’astensione che sfiora il 60%, batte tutti i record. Ma Hollande e il primo ministro, Manuel Valls, restano sordi all’indifferenza delle banlieues e all’esplosione di rabbia di alcuni vecchi bastioni della sinistra, come il Nord. Due elettori su tre hanno sfidato il governo, ma ci sarà “continuità” nelle scelte politiche, fa sapere l’Eliseo, “bisogna proseguire, i fondamentali della nostra azione restano”. La politica economica non cambia, la Cop21 è come se non fosse esistita, restano i 40 miliardi di sgravi alle imprese. Valls analizza: “i risultati degli ecologisti e del Front de Gauche alle municipali, alle dipartimentali poi alle regionali provano che non c’è domanda per più sinistra, ma per più Repubblica”, cioè più sicurezza e lotta al terrorismo.

Non ci sarà rimpasto governativo. E’ caduta nel voto la richiesta di Cambadelis per “un’inflessione” nella politica economica, per “mettere la lotta contro il precariato allo stesso livello di quella per la competitività”. Gérard Onesta, di Europa-Ecologia in Languedoc-Roussillon-Midi-Pyrénées, dove l’unione delle sinistre ha conservato la regione e eletto la socialista Carole Delga, afferma che “il governo non cambierà traiettoria se non verrà provato da qualche parte che un’altra politica è possibile”. Ma la sinistra della sinistra è travolta, i Verdi quasi spariscono assenti in circa la metà dei consigli regionali, passano da 265 consiglieri a una cinquantina. Il Front de Gauche è sull’orlo dell’esplosione. Dopo aver ottenuto solo il 4,1% al primo turno, ieri il comunista Olivier Dartigolles ha ammesso “uno scacco”.

L’asse politico francese si è spostato a destra. Nei Républicains c’è dibattito, ma il voto ha mostrato che parte dell’elettorato di destra è pronto a farsi sedurre dal Fn. Sarkozy spera di risalire in sella, ha zittito i centristi, a gennaio dovrebbe escludere dalla direzione le voci discordanti sulla sua posizione che ha rifiutato fusioni e accordi elettorali con il Ps, Nathalie Kosciusko-Morizet e Jean-Pierre Raffarin.

Non c’è solo la vittoria di Pécresse che ha attirato voti Fn. In Auvergne-Rhône-Alpes, la seconda regione di Francia, ha vinto l’ambizioso Laurent Wauquiez, su posizioni di destra dura, anche lui con militanti della Manif pour tous in lista: “ho fatto indietreggiare il Fn – spiega – confermando i miei valori, difendendo il taglio alle tasse, il lavoro contro l’assistenza, una Repubblica decisa contro i comunitarismi, sono per una politica di assimilazione contro il multiculturalismo, voglio che si smetta di cedere sulla sicurezza, i nostri elettori ne hanno abbastanza di falsi pudori, la destra deve ritrovare una colonna vertebrale”. Un suo volantino diceva: “Immigrazione, basta! Hollande, basta! Bruxelles, basta!”.

La Corsica ha scelto una sua strada, dando una vittoria ai nazionalisti, definita “storica” (con il ritorno del Fn all’Assemblea regionale).