Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil, oggi genitori, studenti e insegnanti manifestano per dare «priorità alla scuola» nella crisi pandemica. È soddisfatto di quanto ha fatto il governo?
Ha gravemente sottovalutato le esigenze della scuola. È stato raccontato che con la didattica a distanza tutto andava bene. Non è vero. Può funzionare in contesti circoscritti, in particolare per le scuole superiori, ma non può andare oltre il mantenimento della relazione educativa. La scuola è presenza, confronto tra pari, socializzazione. Sono cresciute le diseguaglianze, anche quelle digitali, nonostante l’impegno dei docenti precipitati in questa esperienza senza formazione, né strumenti. I bambini della scuola dell’infanzia e primaria sono stati dimenticati.

In che modo si può riaprire in sicurezza a settembre?
Posto che sarà l’andamento della curva pandemica a dire se potremo tornare a scuola, il problema non è quando, ma come riaprire e tornare alla didattica in presenza, a cominciare dalle scuole dell’infanzia e primaria. Abbiamo bisogno di più spazi, fare classi più piccole. Bisognava iniziare a pensarci settimane fa, ma non è stato fatto. Ora la politica può scegliere di cambiare quello che la pandemia ha reso evidente: tutte le carenze di una scuola della meritocrazia senza contenuti, la scuola amministrata come un’azienda senza soldi.

È possibile fare in poche settimane quello che per più di un quarto di secolo non è stato fatto?
Nella tragedia che stiamo vivendo c’è almeno un’occasione per realizzare un salto di paradigma nell’istruzione pubblica: riscoprire la scuola della Costituzione dove si combattono le diseguaglianze e si formano cittadini democratici senza distinzioni. Una scuola giusta, senza precariato.

Questo significa stabilizzare i precari?
Abbiamo l’esigenza di avere in cattedra da settembre il numero maggiore possibile di docenti e personale Ata. E stabilizzare gli insegnanti di sostegno che sono stati esclusi dal concorso straordinario. C’è bisogno di un investimento eccezionale. Il Recovery fund deve avere come priorità l’istruzione e la ricerca. È oggi che si fanno le scelte per il futuro.

Organizzare concorsi per 48 mila precari e nuovi docenti, e per altri 16 mila, in una pandemia non è un assembramento che il governo dice di volere evitare altrove?
È il buon senso a suggerire la risposta, prima delle raccomandazioni del comitato tecnico-scientifico. L’unica possibilità è procedere subito a una selezione per titoli, avere in cattedra i docenti e non seguire la strada della ministra Azzolina e dei Cinque stelle che continuano a sostenere che non c’è alcun problema.

La ministra Lucia Azzolina vi chiede: «I concorsi vanno avanti in tutta la pubblica amministrazione, perché a scuola no?»
Le rispondo che le condizioni per fare il concorso in presenza non ci sono, mentre c’è la necessità di avere in cattedra i docenti. La soluzione è fare un concorso per titoli. Sto parlando del settembre 2020, non del 2021.

Farete uno sciopero durante l’esame di maturità?
Nelle forme praticabili in questo contesto pandemico, nessuna forma di mobilitazione è esclusa a questo punto, e non solo sulla questione dei precari. Perché il governo capisca che tutte queste scelte sono indispensabili ora, almeno quanto il sostegno all’economia, se non di più, saremo determinati a mettere in campo ogni iniziativa possibile, anche uno sciopero. Abbiamo milioni di persone in cassa integrazione, con la rabbia sociale che cresce, una svolta sulla scuola può diventare un segnale molto forte per le famiglie e i nostri bambini.

Tra giugno e agosto saranno licenziati circa 150 mila docenti per essere riassunti a settembre. Come si risolve il problema alla radice?
Si può trasformare l’organico di fatto in quello di diritto e procedere alla stabilizzazione e alla cancellazione di tutto il precariato, senza rincorrere le necessità di anno in anno come sempre accaduto fin’ora.

Perché non è stato mai fatto?
Perché il precariato è considerato un’occasione per risparmiare. Questo penalizza chi è precario e gli studenti ai quali è negata la continuità didattica. Nell’immediato si può finanziare l’articolo 121 del decreto «Cura Italia» che prevede la continuità delle supplenze anche in caso di rientro del titolare. Questo aiuterebbe molto a sostenere la ripartenza, ma non è stata trovata la copertura finanziaria. Il governo deve trovare i fondi.