Dal giorno della sua scomparsa, Franco Battiato non ha smesso di essere nei pensieri e nelle azioni di molti, soprattutto amici. Ciò non deve essere interpretato come il solito cannibalismo in atto su un artista che il successo ha trasformato in personaggio e guru tout court (e forse per certi versi lo era, vestendone i panni però con polemica ironia), ma perché il cantautore e musicista siciliano ha saputo costruirsi nel tempo una rete amicale di rara solidarietà e fratellanza: i suoi amici erano e sono stati amici per tutta la vita che hanno non a caso vissuto con lui tutte le fasi della malattia e lo stesso trapasso. Nondimeno, per alcuni versi, i suoi fan. E in quest’estate, strana come la scorsa, con la pandemia ancora a correre per il pianeta, Battiato vive non solo nell’ascolto delle sue canzoni, ma in diffusi contesti come la Milanesiana di Elisabetta Sgarbi (la rosa simbolo della manifestazione è invenzione del Battiato pittore) e in progetti futuri come quello che sta realizzando Francesco Messina con un libro di prossima uscita. Proprio il grafico e designer di tante copertine di Battiato è da contarsi tra gli intimi del cantante ed era in quei tristi giorni in Sicilia, a Milo, a dar l’ultimo saluto all’amico di una vita, con la moglie Alice e pochissimi altri. L’attività creativa di Messina però non si ferma e restringe alla collaborazione con Battiato; da artista eclettico qual è ha espanso la sua professione di grafico ad altre passioni che l’hanno condotto a misurarsi con la produzione discografica, con l’elaborazione di complessi progetti editoriali e sempre con la musica a sperimentare suoni e composizioni inedite con gli album a suo nome. In collegamento whatsapp dalla sua casa nella campagna friulana racconta di sé e del suo modo di intendere l’arte, amicizia, la musica.

Com’è cominciata la tua carriera? Le biografie che ti riguardano dicono fotografo. Poi ti conosciamo come grafico, musicista, produttore, scrittore e autore di canzoni. Alcune delle quali e non si fa difetto a dire iconiche come «Il vento caldo dell’estate» e «Chanson egocentrique».
Dico subito che a tutte e due le canzoni citate ho partecipato scrivendo il tema per la prima, ma poi è stato Franco a dar la forma definitiva di canzone. Mentre per Chanson egocentrique sono entrato a completare il testo con le frasi in inglese: «Avenue Park/My life in the dark» e così avanti. Con Le ragazze di Osaka di Finardi ci fu un altro tipo di approccio. Tornando alla domanda, sono un fotografo per sbaglio, quando non c’è nessuno che scatta, e io avevo una macchina fotografica, così mi è toccato fare fotografie. La mia professione è quella di grafico e designer. Ho avuto la fortuna di studiare a Milano all’appena nato Istituto Europeo di Design. E la fortuna è continuata nel momento in cui Carlo Ripa di Meana cercava giovani che svecchiassero l’immagine della Biennale. A pensarci bene fu una fortuna pazzesca, per circa cinque anni, anche con Giuseppe Galasso, che sostituì Ripa di Meana, lavorai come art director alla Biennale. Ripa di Meana, al contrario di ciò che si diceva, era un grandissimo lavoratore e di un’onestà e apertura intellettuale e politica che non avrei mai creduto.

Da lì fondi il Polystudio e entri in contatto con istituzioni e case editrici. Importante è il rapporto con la Bompiani e inevitabilmente con Umberto Eco.
Sì, i progetti su cui lavorare diventano molti e si elaborano linguaggi per copertine e prodotti editoriali. Per Eco, e ho ricordi molto belli con lui e della sua immensa biblioteca che ho potuto toccare con mano. Ho curato la grafica di tutte le copertine fino a Baudolino. L’ultimo libro lo pubblicò con La nave di Teseo, a cui feci il marchio. Con Battiato ci fu l’impresa editoriale de L’Ottava.

Un’impresa editoriale forse troppo avanzata per il tempo in cui fu attiva. La musica invece quando entra nella tua vita?
La passione per la musica crebbe a poco a poco e poi come si è visto è andata avanti, passando da semplice passatempo, come tanti ragazzi militavo in una band, per diventare un qualcosa di professionale. La conoscenza con Franco poi mi aprì tutto un mondo. Fu Gianni Sassi della Cramps a farmelo conoscere. Si era al tempo del Battiato sperimentale. Credo che fosse uscito Clic, disco che amo moltissimo, ascoltato tante e tante volte, allora lavoravo con alcune case discografiche ed era diverso da come si lavora oggi. Infatti, si era a stretto contatto con gli artisti, dialogavi e ti confrontavi su idee, proposte e soluzioni. Poi con qualcuno legavi, con altri meno. Con Franco ci fu subito sintonia. Grazie a lui ho conosciuto Carla che è poi diventata mia moglie e mi sono messo a scrivere testi e successivamente a produrre dischi, sempre più impegnativi. Da questo continuo progredire sono nati album di Alice come Mezzogiorno sulle Alpi e Il sole nella pioggia.

Che gran disco «Il sole nella pioggia», un capolavoro di quegli anni. Però cominciasti a pensarti anche come compositore e tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta uscirono album a tuo nome, tra cui «Medio Occidente».
Per Medio Occidente devo fare una premessa che parte proprio dalla grafica. Faccio parte della Factory di Battiato, così ci dicevamo, amici fra loro, il perno era Giusto Pio, c’era Alberto Radius. Io mi occupavo dell’identità visiva, ma venivo coinvolto in molte più cose. Mi resi conto di far parte di un team di successo e quando Bruno Tibaldi, il direttore artistico della Polygram, venne a sapere che coltivavo il sogno di un disco tutto mio…

Avevi già fatto lo sperimentale «Prati bagnati sul monte Analogo» nel 1979, a metà con Raul Lovisoni e «La vera storia di Kass Kass il piccolo scoiattolo», fiaba musicale prodotta anche questa da Battiato per il Wwf su testi di Henry Thommamson, il vostro maestro spirituale, del quale pubblicaste anche libri ne L’Ottava.
Per l’appunto, Tibaldi mi diede uno studio e un budget. Mi aiutarono Roberto Cacciapaglia e lo stesso Franco. Desideravo fare un album «ambient». Ma quello che si ascolta non è quello che avevo in mente. Tibaldi disse bello, raffinato, ma vende poco. Venne aggiunta la batteria, altri strumenti e le voci, venne fuori questa ibridazione. Oggi, possedendo i nastri originali, vorrei tornare a far uscire Medio Occidente come l’avevo pensato. E mi piacerebbe ristampare un album che ho realizzato quasi 25 anni fa con Pinaxa, Devogue, che mi pare contenere molte idee.
Mentre si ragiona intorno a queste nuove versioni «naked», ristampe, rimodulazioni sonore e pensieri sulla scuola e l’università e la capacità di sintonizzare l’insegnamento su istanze creative reciprocamente condivise tra allievi e docenti, la conversazione non può non ricadere su Battiato e Messina ricorda come fu sorpreso dalla sua svolta «canzonettistica»: «Non capii subito il perché avesse abbandonato il terreno della ricerca in cui peraltro io mi ero immerso con grande piacere. Mi sono stupito quando ha cominciato a registrare canzoni. Ho detto di Clic, questo disco contiene un brano Kyrie, un capolavoro, lui stesso diceva ’forse la cosa migliore che abbia composto’, e ad ascoltarlo si capisce da dove sono scaturite le sue canzoni. Bisognerebbe ascoltare la prima versione de L’era del cinghiale bianco per comprendere pienamente il passaggio alla forma canzone. Non nego che ho fatto fatica ad abituarmi alla fase pop. Ci si scherzava su molto ed era solito dire che bisogna avere solo un singolo pop per fare dieci dischi di musica contemporanea.

LA BIOGRAFIA. DUE VOLTE MERIDIONALE
Francesco Messina nasce a Udine nel 1952. Si definisce due volte meridionale per le ascendenze austriache e siciliane. Studia grafica all’appena nato Istituto Europeo di Design e giovanissimo entra in contatto con Carlo Ripa di Meana che, da Presidente della Biennale, gli affida l’elaborazione dell’immagine della kermesse veneziana. Fonda il Polystudio. Di pari passo coltiva passioni musicali e grazie al lavoro per alcune etichette, curava le grafiche di copertina, conosce Franco Battiato. È l’inizio dell’amicizia di una vita e di molte avventure artistiche ed intellettuali, cui dedicherà un libro, «Ogni tanto passava una nave. Viaggi e soste con Franco Battiato», e un altro è previsto per l’autunno. Nel frattempo conosce anche Carla Bissi, la cantante Alice, per cui scrive alcune canzoni. Diventerà sua moglie. Parallelamente all’attività grafica, affiancata alla didattica universitaria, Messina produce e realizza dischi, alcuni a suo nome. Tra questi: Prati bagnati sul Monte Analogo (1979, con Raul Lovisoni) e Medio Occidente (1983). (f. fr.)