Girando in bicicletta per le strade di quella che fu per un certo periodo la capitale delle Tigri del Tamil Eelam -la guerriglia separatista attiva per trent’anni nell’area settentrionale e nord occidentale dello Sri Lanka – il numero di chiese che si incontrano è abbastanza impressionante, considerato che questa regione è abitata quasi esclusivamente da induisti.

Eppure, benché il tempio di Nallur sia considerato forse il più importante luogo di culto indù dell’intera isola di Sri Lanka, la cattedrale bianco candida di St Mary lo batte in ampiezza e altezza.

Proprio a fianco sorge il San Patrick’s College dove la buona borghesia tamil studia prima che i prescelti siano spediti nei collegi romani a imparare, con l’italiano, l’arte del servizio ecclesiastico.

Quasi tutti i vescovi srilankesi fanno questo percorso prima che venga loro attribuita una delle dodici diocesi locali, tra cui quella di Jaffna è, con l’arcidiocesi della capitale, la più importante.

Ma ieri l’alta gerarchia di una minoranza piccola ma colta e agguerrita (6-7%) era tutta a Colombo dove il papa è sbarcato di prima mattina per una visita pastorale e di Stato che oggi lo porterà proprio qui, in terra tamil, nel santuario mariano di Madhu, a qualche chilometro dalla città di Mannar, un’ottantina di chilometri e tre ore di autobus a Sud di Jaffna.

La visita del papa accende molte speranze in una terra martoriata da una guerra di cui si vedono ancora i segni nei muri di alcune case non più ricostruite e che sembrano essere rimaste a monito della follia umana.
La piccola ma potente chiesa cattolica potrebbe svolgere un ruolo importante nel distendere le tensioni che esistono soprattutto tra buddisti singalesi e induisti (e in parte musulmani) della comunità tamil.

Eppure le chiese sono così tante qui a Jaffna – cattoliche, metodiste, avventiste e chi più ne ha ne metta – e tutte col loro oratorio, il college o la casa famiglia, che forse a Francesco non deve mancare – come altrove – anche la preoccupazione di una penetrazione sempre più capillare degli evangelici.

Anche tra coloro che aspettano il papa c’è chi – come ci fa capire Philip mostrandoci la Bibbia dei testimoni di Geova sul tavolo del suo ufficio – al Dio cristiano arriva in altro modo.

Il papa ieri a Colombo, nel suo incontro con i leader religiosi locali, ha detto comunque chiaramente che il dovere di responsabilità dei sacerdoti deve evitare «equivoci» che la fede non deve produrre in violenza e che solo la riconciliazione può seppellire gli orrori della guerra.

Francesco vuole certo rafforzare l’energia che promana dall’intellighenzia cattolica locale – colta, aperta e pacifista – e che certamente riprenderà slancio con le sue parole sentendo vicino il lontano Vaticano; e sperando che lo sforzo serva a far guadagnare terreno al dialogo interreligioso, che fatica non poco in un’isola dove i due partiti buddisti – una Dc locale che non disdegna l’incitamento all’odio – hanno accenti fortemente nazionalistico identitari preoccupanti.

Proprio ieri, forse sentendosi chiamato in causa e fiutando un possibile nuovo corso, il segretario del Bodu Bala Sena (Bbs) – Galagoda Aththe Gnanasara, un monaco che non vorreste incontrare in autobus se aveste segni di evidente laicismo o di altre fedi – ha detto che il suo partito (considerato invece il più oltranzista) si è sempre ben guardato dal promuovere l’odio e la violenza contro i musulmani.

Mentre è noto che proprio l’appoggio dei buddisti (radicali) all’ex presidente Rajapaksa aveva fatto del suo regime un autoritario ed esasperato conservatore sia dell’unità nazionale sia dell’identità buddista e singalese in chiave anti tamil e anti islamica.

Nell’attesa del suo più che simbolico arrivo oggi a Mannar, la capitale del Nord si è svuotata ieri nel pomeriggio proprio in vista dell’appuntamento al santuario della madonna di Madhu.

«Stiamo andando incontro al papa!», ci dice persino il nostro albergatore di Jaffna concludendo frettolosamente la trattativa sul prezzo della stanza.

E c’è un autobus che parte proprio dal vicino collegio John Bosco, dove l’immagine del fondatore dei salesiani benedice col nome tradotto in inglese coloniale ma l’eterno sorriso declinato in srilankese.