Dopo duecento anni di storia, la Soprintendenza archeologica deve lasciare entro dicembre Napoli, destinazione Salerno. Il ministro Dario Francescini, ieri nel capoluogo partenopeo per un confronto promosso dal Pd sull’Art Bonus, non ha voluto fare neppure un passo indietro, nonostante in molti nel suo stesso partito gli abbiano chiesto un ripensamento.

«L’assegnazione a Salerno delle soprintendenza archeologica della Campania è stata decisa per una questione di costi e di equilibro – ha spiegato il ministro – E’ previsto l’accorpamento in tutta Italia come indicato dalle norme sulla spending review. Attualmente ci sono due sovrintendenze, una a Napoli e una Salerno e quest’ultima ha più personale». E ancora: «Napoli conserva la sede del polo museale regionale, della sovrintendenza alle belle arti, del segretariato regionale dei beni culturali e della Sovrintendenza archivistica. A Napoli resterà una sede distaccata».

Una spiegazione che, in realtà, non spiega ma sembra rafforzare la tesi di chi sostiene che si sia trattato di un contentino per il sindaco salernitano Vincenzo De Luca, grande elettore di Matteo Renzi, che i democrat vorrebbero dissuadere dalla corsa alle primarie per le prossime elezioni regionali. Soprattutto se si considera che a Roma e a Milano sono concentrati tutti gli istituti laziali e lombardi.

«Una scelta scellerata e senza senso, l’ennesimo attacco alla città», il commento del sindaco Luigi De Magistris, che in mattinata aveva incontrato il soprintendente Elena Cinquantaquattro, visto che Napoli ha intorno una vastissima area archeologica che va dal Vesuvio ai Campi Flegrei, passando per il nolano, con un Centro storico patrimonio Unesco che si sta arricchendo dei reperti venuti fuori grazie ai lavori per la Metro. Sul piede di guerra anche i 450 dipendenti, che a Napoli lavorano in 2 mila metri quadrati all’interno del Museo Archeologico Nazionale, mentre a Salerno sono in un appartamento di 200 metri quadri in affitto. Ma Franceschini ha tirato dritto definendo la parole del sindaco «frasi molto fuori luogo».

I motivi di attrito con Franceschini sono anche altri, a cominciare dal teatro San Carlo che, prima l’ex ministro Bray e poi il successore, hanno voluto a tutti costi commissariare, forzandone l’adesione alla legge Valore cultura. I fondi promessi non si sono ancora visti, la bozza del nuovo statuto non pervenuta come raccontato sabato scorso dal sindaco, che è presidente della fondazione. «Il San Carlo sta operando nel rispetto delle norme e dovrà presentare lo statuto entro il 31 dicembre. La copia è stata inviata al sindaco che ho letto che non l’aveva ricevuta, oggi ho verificato che gli è stata inviata formalmente», la replica di Franceschini. «E’ davvero curioso che solo oggi (ieri ndr) alle 15.09, con una mail girata sul mio indirizzo di posta elettronica dalla Direzione Amministrativa del San Carlo, mi sia stata finalmente inviata la bozza dello Statuto», specifica De Magistris. I sindacati nazionali insistono: «Vogliono distruggere le Fondazioni lirico sinfoniche, farne morire almeno 8 su 14 e poi delle altre si vedrà».

Non va bene neppure a Pompei, dove le norme di sicurezza messe su con la struttura di missione (voluta dal governo con il Grande progetto Pompei) non hanno impedito il blocco di uno dei pochi cantieri assegnati (si sospettano gravi irregolarità nell’aggiudicazione degli appalti) né la visita della Dia a novembre. Ieri poi protestavano anche le guide turistiche, che temono lo sbarco in massa in Italia dei colleghi europei, dopo il recepimento nel 2013 della norma comunitaria in materia. Così Franceschini è corso ai ripari: «Mercoledì avrò un incontro con le associazioni nazionali delle guide. Abbiamo previsto l’individuazione dei siti, secondo le indicazioni dell’Ue, nei quali è richiesta una professionalità particolare. Sarà un numero molto ampio, circa 1500, e ci si potrà entrare solo con un riconoscimento particolare, e questo aiuta le nostre guide turistiche».