La relazione della presidente della Commissione Elette Gemma Guerrini, controfirmata da sei consigliere comunali del m5s, che si concentra sul sostanziale fallimento del progetto della Casa internazionale delle donne, ha sollevato diverse reazioni.

La più recente è stata redatta dal gruppo del mercoledì (Fulvia Bandoli, Maria Luisa Boccia, Elettra Deiana, Letizia Paolozzi, Bianca Pomeranzi, Bia Sarasini, Stefania Vulterini). Il rischio è quello che la mozione venga votata e approvata, perciò Francesca Koch e le componenti del consiglio direttivo della Casa hanno fatto un secondo, e paziente, tentativo ieri.

Quale è stato il clima in cui siete state accolte e cosa vi è stato risposto?

Nel merito, nessuna risposta. La mozione non verrà ritirata, rimane all’odg del prossimo consiglio, e verrà votata, probabilmente verrà approvata. Il clima è sempre lo stesso: dietro alla cortesia formale del presidente e alla sua disponibilità a incontraci, che pure abbiamo apprezzato, resta una rigidità nel giudizio sulla nostra vicenda , una presa di posizione che pretende di difendere la legalità e la moralizzazione mentre non ha la percezione del valore politico che è in gioco; un pesante limite della visione, come mette in luce il bel documento delle femministe del mercoledì. La sensazione è che non si abbia una reale consapevolezza dei movimenti delle donne come di tutte le realtà del terzo settore. Ricordiamo che l’opera di desertificazione che sta facendo l’attuale amministrazione riguarda quasi 800 realtà attive sul territorio romano.

La mozione è grave e, se passasse nella seduta di domani (visto che ieri l’odg era troppo lungo da concludere in una unica sessione) sarebbe un precedente difficile da governare. Quali sono i punti più controversi?

La mozione sostanzialmente prevede la fine dell’esperienza della Casa delle Donne, e ne cancella l’autonomia e la ricchezza progettuale. E non perché abbiamo un debito, ma perché il Buon Pastore deve essere «riallineato alle nuove esigenze» della città. Cioè una serie di servizi da appaltare a bando, non più un luogo aperto alle donne e alla città. Sono due concezione antitetiche, e forse non tutta l’amministrazione a 5s condivide questa opzione. Per di più le proposte finali ipotizzano, nella loro genericità, una realtà ingestibile, anche economicamente.

Può essere letta nel più ampio smantellamento di tanti presidi cruciali per la città?

Certamente dietro c’è una visione della società e della comunità in cui le relazioni sono governate solo dalle norme e dal mercato. L’esatto contrario dei «beni comuni», della valorizzazione dell’impegno di chi si «prende cura» di una realtà pubblica, di un patrimonio, di un insieme di idee, di relazioni, di pratiche

Perché non si capisce che alla logica contabile dovrebbe essere sostituita una più ampia visione della politica che rispetti soprattutto la volontà e il desiderio di gran parte della città che in questi mesi (come in questi anni) vi ha sostenute?

Infatti è questo il punto su cui ci stiamo arrovellando. Non abbiamo mai detto che il debito non c’è o che non vogliamo pagare ; nella memoria consegnata alla giunta abbiamo scritto le nostre proposte e prodotto i documenti che testimoniano l’esistenza anche di crediti nei confronti dell’amministrazione, tanto da ridurre la somma della metà. In realtà c’è una chiusura rispetto alla consapevolezza che la soluzione non si può trovare all’interno di una logica puramente contabile o ragionieristica, ma va cercata all’interno di una visione politica e culturale che tenga conto della storia del progetto e della sua caratteristica femminista.

Quali sono le mobilitazioni e le iniziative che intendete portare avanti per scongiurare l’ipotesi di sfratto?

Certo da domani saremo di nuovo in presidio in Campidoglio; convocheremo poi un’assemblea non solo con le donne della Casa, ma aperta ai tanti soggetti che ci hanno sostenuto in questi mesi con forme straordinarie di solidarietà. Penso che sarà necessaria una mobilitazione permanente, che possa essere l’espressione della ricchezza culturale e politica della tante e tanti che vogliono che la Casa continui a vivere; insieme costruiremo le diverse forme di resistenza. Comunque non intendiamo andarcene dal Buon Pastore.