Una creatura mitologica si agita sullo sfondo del vulcano turchino solcato da droni, quasi un Idra di plastica dei tempi nostri. Una donna robot con lame e unghie ricurve danza sinuosamente inafferrabile. Un’altra figura femminile intona un canto tradizionale al ritmo di una tammurriata. Sono alcuni travestimenti di La Niña, cantautrice e performer vesuviana, attiva da molte stagioni in combo differenti (è stata a Gazebo in tv e a Mtv), che ha appena pubblicato un ep, con sei brani, Eden, il suo debutto su etichetta Sony, stralodati da critica e pubblico. Forse la sua Fortuna, una ballata poetica d’impianto classico con voce appassionata, merita di andare direttamente nell’archivio storico della musica napoletana, nell’antologie scolastiche e nelle playlist dei melomani appassionati. «Non volevo fare la cronaca che già abbiamo tutti i giorni in tv, elencare quello che accade al largo del nostro mare, terra ‘e nisciuno – racconta al telefono da Pozzuoli, il suo covo di questo periodo afflitto, dove vive col suo alter ego, compagno e producer Kawasaki Ninja – Mi emozionava di più una costruzione senza tempo, basata su questo arpeggio di chitarra molto ciclico, che restituisce appieno il senso di rassegnazione, di una storia disperata. Ho incontrato questa donna alcuni anni fa e mi ha colpito la sua capacità di sorridere nonostante le amarezze della vita. Un avvenimento a cui ho pensato spesso e che ha sedimentato dentro me, forse complice anche la pandemia. Anche la parte visual, io col costume da sirena sullo scoglio imbracciando la chitarra, lo trovo un omaggio secco alla tradizione, questo mostro marino che assiste impotente alle ripetute tragedie sulle nostre coste. Ho cercato di essere rispettosa verso queste persone, esseri umani sfortunati».

Hai partecipato alla canzone/videoclip «Le ragazze di Porta Venezia», un manifesto delle nuove sonorità urban e di un atteggiamento femminile spregiudicato, con Elodie e Miss Keta

Apparivo in un cameo ballato, anticipando un sodalizio importante con persone musicalmente diverse eppure umanamente molto simili. Io ho una specie di fissazione per il ballo, esprimere con la corporeità quella stessa carica che ho dentro, nella voce e nella musica. In Na cosa sola, uno dei brani dell’ep, i suoni ambient elettronici rispecchiano la contemporaneità dei sentimenti, noi tutti viviamo una realtà molto virtualizzata. Invece in 00.00 sono partita da una linea di basso molto decisa e ho edificato attorno la vocalità e le percussioni fredde. Lassame sta’ è la descrizione del mio stato d’animo rinunciatario durante la quarantena, la difficoltà di guardare avanti.

Nel 2019 avevi fatto uscire vari singoli, tutti brillanti e appuntiti, come «Salomè» (quasi una nenia mediorientale) e «Croce», dove apparivi come un’immagine sacra, con lunghe lacrime rosse che ti rigavano il viso.

Croce è stato ispirato da avvenimenti privati. Una persona scomparsa in circostanze tragiche. Ho cercato di superare il trauma con la musica e piano piano si è sciolto il groviglio. Ho attraversato varie fasi di scoperta e di costruzione, sono una completa autodidatta tranne che per la danza. Per tanti anni ho cantato in inglese, ho frequentato la scena electropop ma non mi soddisfaceva appieno, sapevo nel subconscio di non essere ancora pronta. L’italiano lo uso in piccole dosi. Poi in maniera naturale la forza evocativa della lingua napoletana, si è impadronita di me. E sono migliorata anche nel canto andando a pescare nel mio passato, quando mio padre mi accompagnava in macchina e mi faceva ascoltare La Gatta Cenerentola insieme a Hendrix o alle popstar arabe. La tradizione prende il controllo su di te, ti resta dentro in qualche modo.

L’altro brano piuttosto crudo è «Storia di Afrodite», che racconta uno stupro finito in un rituale dionisiaco.

Ho voluto umilmente immaginare la vicenda di questa ragazza dei quartieri che si ribella alla violenza aiutandomi col potere delle villanelle, un esercizio di stile sonoro. Perciò l’ho rappresentata come una dea, una divinità seducente e terribile, capace di riprendere in mano la propria vita, di recuperare col tempo l’amore per sé stessa. Una vittima che si vendica del proprio carnefice, dando così un epilogo diverso a una storia ben conosciuta.