Incontriamo nel suo studio il candidato alle presidenziali del 2012, Moneim Abul Fotuh. Nonostante abbia lasciato la Fratellanza, il fondatore del movimento Egitto forte è l’ultimo dei leader islamisti moderati non ancora bandito dall’attività politica. Dopo le rivolte, Fotuh ha coltivato il sostegno dei giovani islamisti con un discorso di «centro-sinistra», orientato verso i diritti dei lavoratori.

La Fratellanza potrà candidarsi alle prossime elezioni parlamentari?

Gli islamisti che lasciano la Fratellanza sono i benvenuti, potranno iscriversi nelle nostre liste elettorali. I leader della Fratellanza non ci sosterranno mai, ma può accadere che, come è avvenuto nel 2012, alcuni sostenitori del movimento si presentino alle urne per votarci. La reazione popolare all’attuale repressione dell’esercito non tarderà. Tre esponenti di Egitto forte sono stati condannati solo per aver fatto campagna elettorale contro la Costituzione, si tratta di decisioni folli. Eppure il movimento di piazza non ha più la stessa spinta propulsiva a causa della repressione a cui è stata sottoposta la Fratellanza.

Come giudica le recenti condanna a morte?

È pura follia. Siamo contrari all’uso della violenza da parte di qualsiasi autorità legale e illegale. Ma l’uso della violenza da parte dello Stato è contro ogni diritto umano. È tra i Servizi segreti e la Sicurezza che bisogna ricercare i responsabili degli ultimi attentati che insanguinano il paese. Nonostante questo ho consigliato ai Fratelli musulmani di non usare neppure una pietra.

Perché ha lasciato la Fratellanza?

Ho lasciato il movimento nel 2009. Anche se ho annunciato la mia decisione ufficialmente dopo le rivolte del 2011 da due anni non partecipavo a nessuna attività. I Fratelli musulmani sono riformisti, non rivoluzionari. Ho lasciato in netta opposizione con la leadership. Ero contrario alla formazione di un partito politico (e su questo continua il dibattito interno a Egitto forte: proseguire come think tank o prolungare l’attivismo politico). Considero i Fratelli musulmani dei capitalisti, mentre Egitto forte guarda a sinistra, crediamo nella difesa dei lavoratori e delle fasce disagiate, siamo contrari alla finanza islamica.

Morsi era un leader debole?

Qualsiasi presidente, espressione della volontà popolare, non poteva essere toccato. Morsi ha sofferto di due cose: ha gestito lo stato come la Fratellanza (gli ho consigliato di separarsi dal movimento e di fare appello alla partecipazione politica di tutti gli egiziani di successo, non importa se comunisti o liberali), invece non ha mai preso decisioni senza ascoltare Khairat Shater o la guida suprema; la seconda è che le principali istituzioni dello Stato erano contro di lui dal primo momento del successo della rivoluzione: il sistema non è stato contro la rivoluzione ma ha deciso di contenerla. Per questo quando Morsi è diventato presidente, il regime di Mubarak ha deciso di attuare un piano per farlo fallire. Se il presidente eletto non può proteggere il suo ufficio, come può proteggere lo Stato? Dov’era la polizia quando tentavano di entrare nel suo ufficio? Ora gli agenti uccidono le persone dappertutto, sono diventati molto forti, hanno ucciso 5mila persone. Sono dei criminali.

Qual è stato l’errore principale della Fratellanza?

Non si può controllare lo Stato senza poliziotti e giudici. E poi Morsi non ha mai chiesto a Mohammed Baradei (leader liberale, ndr) di essere premier e lui non ha mai rifiutato. Morsi avrebbe dovuto dire pubblicamente di essere diventato presidente ma di non avere il controllo di nulla. Fino all’ultimo credeva che l’esercito fosse con lui, si sbagliava. In ogni conferenza nelle università fuori dal Cairo, chiedevo ai giovani cosa pensassero del governo. Tutti volevano elezioni anticipate. Se Morsi non avesse accettato elezioni anticipate, avremmo iniziato azioni di disobbedienza civile ma abbiamo sempre rifiutato ogni interferenza dell’esercito.