È stato fermato dalla polizia serba venerdì al confine con la Croazia mentre, insieme al collega Andrea Vignali, giornalista e documentarista, tornava da un reportage sulla “Balkan Route”, lungo la quale avevano documentato la sofferenza dei migranti in fuga dalle guerre e dalle emergenze umanitarie.

Così è iniziato l’incubo in cui è precipitato Mauro Donato, 41 anni, serio fotoreporter torinese, recluso da oltre cinque giorni nel carcere di Sremska Mitrovica in Serbia, a ovest di Belgrado, con l’accusa di presunta rapina aggravata dall’uso della violenza, un reato punibile da 3 fino a 15 anni di carcere. Accusa dalla quale Donato è stato successivamente scagionato da parte delle vittime, tre profughi afgani.

Il suo incubo non è, però, terminato.

Donato, uno dei principali autori della mostra «Exodos. Rotte migratorie, storie di persone, arrivi, inclusione», sarebbe stato identificato attraverso la foto della sua carta identità, fotocopiata giorni prima alla frontiera: si tratta di uno scatto di dieci anni fa che non corrisponderebbe al suo attuale aspetto, aveva i capelli, non aveva la barba né gli occhiali, al contrario di oggi.

La presunta rapina per pochi spiccioli sarebbe avvenuta in un capannone vicino a Šid, in Serbia sul confine croato, nella notte tra l’11 e il 12 marzo. Le vittime, che avrebbero denunciato anche un accoltellamento, avevano dichiarato che i responsabili erano sei iraniani con passaporto italiano e avevano identificato uno di loro nel vecchio scatto della carta d’identità di Donato.

Ma, lunedì, davanti a un’immagine fresca di Mauro lo hanno completamente scagionato: «Non è assolutamente lui», hanno sottolineato. E poi hanno aggiunto di averlo conosciuto e apprezzato proprio come fotografo impegnato a documentare i loro problemi. Uno dei tre afgani aveva custodito un selfie con Donato.

Ma la svolta nelle indagini non è, al momento, bastata a fare rilasciare il reporter. Nonostante il probabile scambio di persona, il Tribunale vuole fare nuove indagini e vuole ascoltare Vignali.

La Farnesina sta seguendo il caso: «L’ambasciata italiana a Belgrado, in stretto raccordo con la Farnesina e in contatto con le autorità locali – fa sapere il ministero degli Esteri – segue sin dal primo momento e con la massima attenzione il caso». E sottolinea che «la rappresentanza diplomatica sta prestando ogni possibile assistenza al connazionale in contatto con i familiari e con il suo legale in vista della sua prossima, auspicata scarcerazione».

Sono ore di ansia per la famiglia di Donato, la moglie Giulia Marco ha dichiarato: «Siamo molto preoccupati in quanto nessuno riesce a darci la certezza sia della risoluzione sia delle tempistiche. Apprezziamo gli sforzi e l’impegno dimostrati finora dalle istituzioni di competenza, che speriamo siano rafforzate in queste ore per arrivare alla rapida risoluzione del problema».

Sono intervenute, infine, l’Associazione stampa Subalpina e Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi). «È un caso – dicono – che desta forte preoccupazione. Conosciamo Mauro come un professionista serio, impegnato da tempo a documentare la sofferenza della centinaia di migranti bloccati sulla “Balkan Route”, attendiamo con ansia la sua liberazione vicini in questo momento difficile alla sua famiglia».

Subalpina e Fnsi chiedono alle istituzioni italiane, «che stanno già seguendo la vicenda attraverso l’ambasciata di Belgrado, di intensificare le pressioni sul governo serbo coinvolgendo anche le istituzioni europee affinché si possa giungere a una rapida e felice soluzione della vicenda».