Era il “sindaco più amato d’Italia”. Doveva essere l’uomo del futuro di Forza Italia. Nominato da Berlusconi per scegliere le facce nuove da reclutare e lanciare per guardare avanti con un minimo di fiducia. E invece neppure lui ce l’ha fatta. A Pavia Alessandro Cattaneo è stato battuto dall’outsider Massimo Depaoli, un isegnante di liceo, un passato nei Verdi e ora Pd. Fino all’ultimo momento nessuno ci poteva credere nessuno né a destra né a sinistra. Cattaneo al primo turno aveva raggiunto quasi il 47% dei voti contro il 36% del suo sfidante. Quindici giorni dopo invece il ribaltone. Depaoli ha vinto con il 54% contro il 47%. A sovvertire un pronostico che sembrava scontato è stata la grande crescita dell’astensione arrivata al 55% contro il 69% del primo turno. Il paradosso è che Depaoli è riuscito a vincere raccogliendo meno voti (16 mila) di quelli ottenuti da Cattaneo al primo turno (17 mila).

La sconfitta di Pavia è solo l’apice di un vero sconvolgimento antropoligico che sta cambiando il volto politico di tutta la Lombardia. Fino a pochi anni fa qui le destre facevano cappotto. Un onda lunghissima che ha resistito anche al successo a Milano di Pisapia e che ha retto persino agli scandali che hanno affossato l’ultima legislatura di Roberto Formigoni regalando la Regione a Bobo Maroni. Adesso invece il centrosinistra vince ovunque. Ha conquistato tre ballottaggi su tre, vincendo anche a Bergamo con il renziano ex Mediaset Giorgio Gori (con il 53,5% ha battutto Franco Tentorio) e a Cremona dove il cattolico del Pd Gianluca Galimberti con il 56% ha battuto il sindaco uscente Oreste Perri fermo al 43,6%. Nulla ha potuto neppure l’intervento dei vertici di Fi e Lega per ricucire il fronte di centrodestra che a Cremona era andato in pezzi. Nella regione ex roccaforte Forzaleghista 10 capoluoghi di provincia su 12 sono governati da Pd e soci, gli unici che restano a destra sono Varese e Mantova dove non si è votato. E’ andata male anche nei comuni sopra i 15 mila abitanti. In provincia di Milano il centrosinistra conquista 7 comuni su 9, in tutta la regione 25 su 33.

Sembra impossibile eppure nella giornata che ha ridimensionato la vittoria di Renzi alle europee la Lombardia diventa per la prima volta lo zoccolo duro del consenso al Pd. Il territorio dove si consolida il successo e dove la vittoria appare meno volubile. Per la prima volta la questione settentrionale travolge le destre che qui misurano nel modo più impietoso il tramonto dell’era berlusconiana. Il disastro fa riflettere Maroni – “Ci vuole un centrodestra nuovo” – e Toti – “Risultati deludenti, bisogna affrontare la questione morale”. L’unico a togliersi qualche soddisfazione è Raffaele Fitto, il più strenuo avversario del rinnovamento nordista dei berluscones targato Toti e Cattaneo. A consolore i forzisti ci ha provato la lombardissima Mariastella Gelimini. Per lei è tutta colpa dell’astensione: “Gli elettori moderati sono rimasti a casa, ma non sono andati a sinistra”. Ha ragione solo a metà. Basta pensare all’esito delle elezioni europee nel comune di Varese di 15 giorni fa. Nella storica città natale della Lega da sempre votata a destra il Pd ha superato il 41% staccando tutti gli altri di almeno 35 punti. Sbagliato pensare che molti lombardi siano diventati di colpo “di sinistra”. Seplicemente Berlusconi e la Lega non li convincono più mentre Renzi è abbastanza di destra per non spaventarli troppo. Ma basta poco perché ritornino a votare come hanno sempre fatto.