Le api pungono, ma ci sono simpatiche. Anche senza conoscere nei dettagli il loro fondamentale ruolo ecologico, questi straordinari insetti sociali occupano nel nostro immaginario un posto di elezione. Evocano colori e profumi, incarnano l’operosità, diffondono vita. Pensare a un mondo senza api, fa tristezza.

Ma è quello che sta succedendo. Sia in Europa che negli Stati Uniti, il numero delle api è in costante diminuzione da almeno 10 anni. Lo si stabilisce dal numero degli alveari, che si è ridotto dal 30 al 50 %. Le conseguenze non sono solo in campo ecologico ma anche economico: l’impollinazione è almeno in parte responsabile di circa il 75% della produzione agricola necessaria per l’alimentazione.
Rispondere al perché questo succeda non è facile; le api sono insetti forti e fragili allo stesso tempo: avendo una vita cosi articolata sono attaccabili su più fronti. Parassiti e sostanze tossiche utilizzate per eliminare i parassiti stessi, i pesticidi, i cambiamenti climatici, le siccità e le carestie sono fattori che hanno un impatto sulla salute delle api, ma non è ancora stato stabilito scientificamente se e quale di essi possa provocare da solo questa drastica diminuzione.
Ci sono però alcuni dati di fatto che inducono a concentrare l’attenzione sui neonicotinoidi, pesticidi utilizzati in agricoltura: in Africa e Sud America, dove l’impatto delle sostanze inquinanti è minore, le api muoiono meno. Da anni gli apicoltori, soprattutto in Francia, dove un particolare neonicotinoide è molto in uso, denunciano che le api non riescono più a costruire gli alveari. Infine due articoli pubblicati sulla rivista Science – uno dei quali realizzato studiando le api di Regno Unito, Ungheria e Germania – hanno riscontrato che le api che si sono alimentate con colture trattate con questi pesticidi riducevano di molto il successo dello svernamento, misura fondamentale per la sopravvivenza.

Ed anche in Italia le ricerche hanno dato come risultati più significativi le interazioni con l’acaro parassita Varroa e, di nuovo, l’impatto dei neonicotinoidi.

Nel frattempo un altro studio di Science è arrivato poche settimane fa a darci quantomeno un’idea del livello di esposizione delle api a queste sostanze: da un’analisi di 198 campioni di miele provenienti da tutto il mondo, il 75% è risultato contaminato. Valori al di sotto delle soglie ammesse dalle autorità UE per il consumo umano, ma brutto segno per le api.
A fare parte di quel 25% incontaminato probabilmente, tra i tanti in commercio, c’è un miele italiano dall’origine inusuale: Milano. A dircelo con orgoglio è Salvatore Minniti, 71 anni di cui 50 passati ad occuparsi di 150 arnie che si trovano negli «Orti segreti» di piazza D’Armi, nel quadrante sud-ovest della città. Un allevamento unico al mondo, secondo Salvatore.

Entrando in un pezzo di quello che era un terreno di esercitazione militare si è circondati dal rosmarino, si cammina sulla borragine, si osserva la rosa canina. Le arnie si trovano sparse dentro un frutteto: cachi, ciliegi, prugni, fichi, pesche, mandorle, noci, un’oasi nel deserto metropolitano da dove paradossalmente esce un miele più puro, perché attorno alle api «cittadine» non ci sono campi coltivati e quindi non ci sono pesticidi. «L’ho fatto analizzare dalla Asl: niente piombo, niente antiparassitari. Chiedilo ai clienti quanto è buono!». Salvatore teme molto il nuovo progetto di riqualificazione della grande ex area militare che destinerebbe centinaia di ettari a un club sportivo dell’Inter. «Quest’erba, queste piante, oltre che essenziali per le api, sono ossigeno per la città. Con l’erba artificiale dei campi da calcio, cosa ci vuoi fare?». Salvatore vende il suo miele nei mercati e dice che ne vuole fare poco. E che vuole tenere vive le api.
Nel 1962 in Primavera silenziosa, Rachel Carson denunciava gli effetti del Ddt, che entrando nella catena alimentare faceva strage di uccelli che di conseguenza non riempivano più l’aria con i loro canti. Ora con il pesticida che lo ha sostituito rischiamo di perdere anche il ronzio delle api.