«Avevo accettato l’assurda idea che ebraismo, antifascismo, resistenza, socialismo fossero realtà contigue» scrive Fortini subito dopo la Guerra dei sei giorni del 1967, attraverso la quale Israele ha occupato la Cisgiordania con Gerusalemme est, le alture del Golan e il Sinai. «Come ci si può ingannare! Era accaduto che l’ebraismo fosse inseparabile da una persecuzione immensa… Era parso riassumere qualsiasi altra persecuzione, qualsiasi altro strazio… I difensori del pensiero democratico-razionalista avevano veduto negli ebrei un universale, incarnazione di quanto l’uomo potesse avere di più caro, la tolleranza, la non violenza, l’amore della tradizione, la razionalità. Questo errore non era innocente».

L’ALTA MEDITAZIONE dei Cani del Sinai, con cui il figlio di ebrei Fortini fa i conti attraverso l’incrocio incandescente di storia personale ed eventi collettivi, conserva intatto il suo giusto scandalo. Ne parlano, oggi, Luisa Morgantini e lo studioso fortiniano Donatello Santarone, nel quarto e ultimo dei Colloqui del Tonale – podere nel Parco Regionale della Maremma – dedicati al centenario della nascita dell’intellettuale italiano: La Palestina ferita. Nell’occasione saranno proiettati brani del film di Straub-Huillet, Fortini/Cani e il cortometraggio palestinese La vera verità sulla Cisgiordania.

Luisa Morgantini, parlamentare europea della sinistra per due legislature, dove ha ricoperto la carica di vicepresidente del Parlamento con l’incarico alle Politiche europee per l’Africa e per i Diritti umani, non è solo profonda conoscitrice della questione palestinese, ma donna di alto impegno militante per la pace e di lotta non violenta contro l’occupazione. Ne sono testimoni i molti, di ogni età e provenienza, che negli anni, grazie ai viaggi organizzati dall’associazione Assopace Palestina, di cui essa è fondatrice e anima, hanno potuto recarsi in visita nei territori occupati, facendo esperienza diretta delle mille ferite, dei mille gesti quotidiani di vitalità indomita di un popolo che ogni giorno è costretto a riaffermare la propria esistenza.

Che nel centenario della Dichiarazione di Balfour, con cui il ministro degli esteri britannico autorizzò la presenza di un focolare ebraico in Palestina, le dense pagine dei Cani del Sinai, vero poème en prose, tornino quanto mai attuali, lo testimonia lo stesso titolo che Morgantini ha voluto dare al suo intervento: 1967-2017 cinquant’anni di occupazione militare e colonizzazione della terra. È tempo di giustizia in Palestina. C’è inoltre un altro modo, indiretto, con cui il libretto fortinano fa valere la sua attualità.

OGGI CHE I TRENT’ANNI di neoliberismo sembrano aver conseguito la distopia di una società d’individui soli, per i quali pare divenuta realtà quello che Fortini cinquant’anni fa avvertiva come minaccia («non esiste nessuna prospettiva, non c’è nessuna scala di precedenze… devi prepararti a dimenticare tutto e presto. Devi disporti a non essere e a non volere nulla») il procedere dei Cani, insieme sofferto e intransigente, per sortite e ritirate, per scoperte e piaghe, dal sé al mondo, dall’oggi al passato, dall’oggi al futuro possibile, rappresenta un modello, una ginnastica della ragione e del sentimento in cui ogni lettore non ipocrita può scoprirsi partecipe.

La Palestina ferita costituisce insomma la conclusione più esplicita dell’avvicinamento a Franco Fortini proposto dai Colloqui del Tonale, intitolato a quella disposizione – della ragione come dell’animo e del carattere – che l’intellettuale ha più volte testimoniato di sé: l’allarme del presente.

NELL’AMBITO del centenario di chi, con ironia, si diceva avere gli anni della Rivoluzione d’ottobre, i Colloqui, nel solco della loro consuetudine di attenzione ai luoghi e all’ascolto disteso, hanno privilegiato uno sguardo che soprattutto sollecitasse la possibile reattività della ricerca e della pratica fortiniana alle urgenze del nostro tempo.
Dunque in un luogo, il parco naturale dell’Uccellina, e in una famiglia, quella del podere Tonale, frequentati dai coniugi Fortini e da ultimo dalla sola vedova Ruth Leiser, i precedenti incontri erano stati dedicati alla testimonianza di alcuni allievi universitari per parlare del maestro e dell’uomo, alla figura intellettuale e infine al traduttore di Brecht.