A conferma dei segnali di rallentamento dell’economia italiana arrivano i dati mensili sugli occupati, pubblicati dall’Istat nella giornata di ieri. Diminuiscono contemporaneamente il tasso di occupazione e di attività, mentre aumenta la disoccupazione giovanile dal 37,3 al 39,2 percento.

Da un lato, il calo dei 62mila occupati è trainato principalmente dal calo di lavoratori indipendenti, mentre l’occupazione dipendente resiste grazie agli occupati a termine: più 10 mila nuovi occupati a fronte di una riduzione degli occupati a tempo indeterminato di 5.000 unità.

Su base mensile, la quota di occupati a termine ritorna quasi ai livelli massimi (16,5% del totale dell’occupazione dipendente), raggiunti in agosto 2015 (16,7%), prima della corsa agli sgravi dell’ultimo semestre dello scorso anno, il 2015.

Se, da un lato, la dinamica dei lavoratori subordinati è relativamente interpretabile, dall’altro quella relativa al mondo del lavoro autonomo pare sfuggire nei dati campionari. Per avere un quadro più chiaro bisognerebbe indagare le transizioni di questi ex occupati verso altre forme di occupazione o verso la disoccupazione.

Sarebbe inoltre utile studiare l’andamento dell’occupazione per tipologia contrattuale anche in relazione alle ore lavorate, in modo da avere un’idea più chiara di quanto la sottoccupazione (oltre il part time involontario) incida sulle statistiche relative all’occupazione.

Tornando ai dati, dal punto di vista di genere, le condizioni occupazionali peggiorano soprattutto per le donne, sono 51.000 occupate in meno rispetto al mese di giugno, mentre aumentano, nello stesso mese, coloro che una volta disoccupate non cercano lavoro (-52.000).

Le difficoltà del mercato del lavoro trovano ancora una volta forza nel dettaglio anagrafico: anche nel mese di luglio, il numero di occupati aumenta solo per la fascia di età over 50. Una dinamica che mostra col passare dei mesi il predominio della riforma Fornero su tutte le altre che l’hanno seguita, dal Decreto Poletti al Jobs Act, fino al fallimento in essere della Garanzia Giovani.

Nell’ultimo anno, l’occupazione nella fascia di età tra 15 e i 49 anni è diminuita di 134.000 unità, mentre per gli over 50 è aumentata di 402mila. Al lato opposto, gli inattivi, tra i più e meno giovani, fino ai 50 anni, diminuiscono, segno evidente di un’ostinazione della volontà nella ricerca di un lavoro che tuttavia latita, se non nelle forme più precarie, come quel lavoro occasionale e accessorio che dilaga lungo tutta la penisola.

Una fotografia feroce del paese reale di fronte ai rinnovati slogan del governo. In un solo giorno, da Palazzo Chigi sono arrivate le slide dei trenta mesi del Governo Renzi, che celebrano i dati del mercato del lavoro e dal Ministero della Salute l’annuncio del #fertilityday. Tuttavia, a ben vedere non ci sono evidenti margini per i festeggiamenti. Nei trenta mesi di governo Renzi, l’occupazione è aumentata di 585 mila unità, pari al saldo tra l’aumento di 889.000 occupati over 50 e un calo di 304 mila unità degli under 50.

Allo stesso tempo, la campagna lanciata dal Ministro Lorenzin appare più una provocazione per tutte quelle donne il cui contratto di lavoro, quando esiste, dura meno dei nove mesi della maternità, e le retribuzioni continuano a subire una forte discriminazione rispetto a quelle degli uomini. Le stesse donne che probabilmente ancora aspettano di vedere sorgere i 1000 asili in 1000 giorni promessi da Renzi nell’agosto 2014 e di cui, ad oggi, non c’è traccia.