La militarizzazione forzata del personale del corpo forestale è a rischio incostituzionalità. Dal Tar dell’Abruzzo, sezione di Pescara, arriva un nuovo colpo alla legge Madia con un’ordinanza pubblicata mercoledì. I giudici amministrativi, venendo incontro alle richieste di un vice sovrintendente dei forestali hanno rinviato alla Corte costituzionale sia la legge delega del 2015 di riforma della pubblica amministrazione (già colpita in più punti dalla Consulta nel novembre scorso) sia il decreto legislativo del 2016 che ha imposto l’accorpamento dei forestali nell’arma dei Carabinieri.

La Consulta dovrà esprimersi su diversi aspetti della riforma, assai criticata dal corpo tanto che dei circa settemila forestali oltre duemila hanno promosso ricorsi analoghi a quello accolto ieri. Al centro c’è il problema della «militarizzazione coatta», cioè della falsa scelta lasciata ai forestali: transitare nei carabinieri oppure essere ricollocati nella pubblica amministrazione ma rischiando trasferimenti e demansionamenti, quando non la procedura di mobilità. In ogni caso i forestali che hanno scelto di restare nell’amministrazione civile hanno dovuto lasciare il comparto sicurezza, che garantisce meglio carriere e stipendi (vedi gli 80 euro per tutti).

Secondo il Tar, il governo nell’attuare la delega affidatagli dal parlamento avrebbe dovuto dare la preferenza all’accorpamento dei forestali nella polizia di stato, un corpo non militare, in questo modo seguendo la «tradizione normativa» che va nel senso della smilitarizzazione dei corpi di polizia (smilitarizzazione che peraltro i forestali avevano completato da pochi anni, nel 2004). Di più, le critiche dei giudici amministrativi colpiscono la stessa legge delega (la legge Madia) giudicata troppo vaga – caratteristica comune a molte leggi delega dell’era Renzi. La legge Madia infatti prevede solo l’eventualità dell’accorpamento dei forestali, senza indicare il corpo di destinazione ma anzi a parere dei giudici lasciando intendere il favore per un corpo non militarizzato. Le conseguenze per il personale ovviamente vanno ben oltre il cambio di divisa, per esempio non possono più essere iscritti ai sindacati. E proprio dalla Cgil Funzione pubblica è arrivato un primo commento positivo: la decisione del Tar è in linea con le nostre critiche a una legge sbagliata, aspettiamo la Consulta.

Spiega l’avvocato Egidio Lizza, che segue circa 1.220 dei 2.000 ricorsi, che adesso tutti i tribunali amministrativi dovranno sospendere il giudizio in attesa della decisione della Consulta, ma non è escluso che altri Tar vorranno seguire quello abruzzese nell’iterpellare i giudici delle leggi. E c’è di più: «Il Tar – aggiunge Lizza – dubita della razionalità della riforma che cancella un corpo ad alta specializzazione per indimostrate esigenze di bilancio. La critica è ancor più severa quando focalizza l’attenzione sul fatto che alla forestale è sempre stato riconosciuta la capacità di tutelare il bene ambiente». È l’altro aspetto della questione, assai evidente in un’estate bersagliata dai piromani.

Se i risparmi sono indimostrati (non un’unità di personale è stata, ovviamente, tagliata), l’efficacia dell’azione di prevenzione e controllo degli incendi risulta invece evidentemente compromessa. «Quasi 112.000 ettari sono andati a fuoco in Italia, causando danni che superano 2,2 miliardi di euro, a fronte di poco più di 100 milioni di euro in tre anni “risparmiati” dalla riforma Madia», denuncia il coordinatore dei Verdi Angelo Bonelli. E la capogruppo di Sinistra italiana al senato Loredana De Petris aggiunge che «ci siamo trovati senza i mezzi, le competenze e l’esperienza che sarebbero stati inestimabili per fronteggiare e domare rapidamente le fiamme. Avevamo tutte le ragioni nell’opporci a quella sciagurata riforma e sarebbe ora che il governo ammettesse l’errore gravissimo e cercasse una via per limitare almeno il danno». Discorso simile quello delle altre opposizioni, 5 Stelle e Forza Italia. Del resto nell’ordinanza il Tar Abruzzo riporta ampi stralci del dibattito parlamentare, per evidenziare come le criticità fossero note. E riporta sulla legge Madia anche il parere del comitato per la legislazione della camera, che già nel 2015 aveva avvertito che lasciare carta bianca al governo sul destino dei forestali era una scelta «agli antipodi della legislazione vincolata».