Vetrine abbassate, tram e bus bloccati, traffico in tilt, poca gente in strada, un silenzio assordante per buona parte della città, mentre nel centro di Torino scoppiava il caos. Il capoluogo piemontese ha raccolto il picco massimo delle tensioni nella giornata dello sciopero generale dei «forconi» (coordinamento 9 dicembre), il movimento nato in Sicilia due anni fa e, ora, risalito – in modo difficilmente etichettabile – lungo la penisola, fino al Nord più in crisi. È esploso all’alba di un gelido dicembre, agli angoli di quello che un tempo era il triangolo industriale d’Italia.
La situazione si è surriscaldata, dopo i presidi iniziati prima del sorgere del sole, la successiva protesta davanti a Equitalia e l’occupazione dei binari di Porta Nuova e Porta Susa (17 treni coinvolti dal blocco). Con un leitmotiv: l’odio per i politici e l’orgoglio di essere italiani. Slogan spesso disordinati ma che hanno ribadito «no al governo» e «basta tasse». Il cuore dello scontro è stato piazza Castello, dove – dopo le 11 – si sono radunate oltre 2 mila persone e la rabbia si è sfogata contro il Palazzo della Regione, simbolo dello scandalo «Rimborsopoli». Dal gruppo più agguerrito è partito un fitto lancio di sassi, bombe carta e mattoni. I vetri dell’ingresso sono finiti in mille pezzi e sono state danneggiate le auto delle forze dell’ordine. Una piazza di non facile catalogazione: molta estrema destra (i saluti romani non erano casuali) e tifo organizzato, sia juventino che granata. Presente anche un ceto popolare diffuso e inascoltato (studenti, precari, venditori ambulanti, camionisti, partite Iva), che vive le periferie della città ai margini da ogni processo partecipativo e decisionale.

Su Palazzo Reale campeggiava uno striscione: «Politici, amministratori, sindacati, ladri legalizzati» , mentre piazza Castello – sullo sfondo il calendario dell’avvento di Emanuele Luzzati – diventata teatro dello scontro. Nei momenti più concitati è stato aggredito un fotografo e colpita una postazione di Sky, nonché minacciati i titolari dei pochissimi esercizi commerciali aperti. La protesta, che all’alba era iniziata pacificamente con i presidi di piazza Derna e piazza Pitagora e il blocco dell’ingresso del Centro agro-alimentare torinese di Grugliasco, si è spostata nel pomeriggio in piazza Palazzo di Città, sotto la sede del Comune dov’era in corso il consiglio. Ancora lancio di pietre. «Torino e i torinesi non sono stati rispettati» ha detto il sindaco Piero Fassino. Sono 14 gli agenti feriti. La protesta dei «forconi» andrà avanti a oltranza ha confermato Andrea Zunino, portavoce del Coordinamento 9 dicembre di Torino: «Vogliamo dire basta a quello che non va bene, vogliamo che il governo si dimetta. Non ci interessa un tavolo, se ne devono andare. Noi siamo responsabili delle nostre azioni, si persegua chi ha comportamenti incivili».

La giornata è stata caratterizzata da un gesto non poco simbolico, che si è ripetuto in diverse occasioni e ha sollevato polemiche: il levarsi del casco da parte degli agenti, che talvolta hanno solidarizzato con i manifestanti. Non solo a Torino ma anche a Genova. Beppe Grillo, che non aveva dato l’ok alla protesta, ha colto la palla al balzo: «Siete come noi’, ’Bravi ragazzi!». La Questura di Torino ha però smentito: «Si sono tolti il casco essendo venute meno le esigenze operative che ne avevano imposto l’utilizzo. Trattasi, pertanto, di comportamento da considerare ordinario». Ma il sindacato di polizia Siulp non è d’accordo: «Quanto accaduto, nonostante i soliti delinquenti professionisti del disordine – afferma il segretario generale Felice Romano – merita un plauso. Togliersi il casco è un atto che, per quanto simbolico, dimostra che la misura è colma». Se così fosse, perché mai non è successo in Val di Susa?

L’onda lunga della protesta ha scosso l’Italia, soprattutto il Nord.

A Genova sono stati occupati i binari della stazione di Brignole e in città si sono svolti cortei improvvisati, che hanno causato disagi alla circolazione. I manifestanti hanno lanciato monete contro i vetri dell’Agenzia delle Entrate sul cui portone è stato affisso un cartello con scritto «Assassini». Occupata anche la sopraelevata, una delle principali arterie del capoluogo ligure. Situazioni difficili a Imperia (bloccata l’Aurelia) e a Savona. Blocchi in Veneto, dove la protesta di alcune sigle sindacali di autotrasportatori, si è manifestata in 19 presidi, tra veronese e vicentino, bloccando caselli autostradali e tangenziali. Manifestazioni anche a Roma (fermati la notte precedente 5 militanti di Forza Nuova), a Milano e a Bologna, dove è stata presa di mira Equitalia. E in tutto il Sud. L’intenzione è di non deporre i «forconi».