Non sarebbe la prima volta che un leader dei Fratelli musulmani viene ucciso per le sue idee, la stessa sorte è toccata al fondatore del movimento, il popolarissimo Hassan al-Banna nel 1949. Questa volta però ad essere condannato a morte non è la guida politica di una confraternita ma il primo presidente eletto della storia egiziana.
Mohamed Morsi è stato condannato a morte ieri dalla Corte del Cairo insieme ad altri 105 imputati, inclusi i due leader del movimento, Khairat al-Shater e Mohammed el-Beltagi.

Fu un’evasione di massa
L’accusa in questo caso è di aver organizzato l’evasione dal carcere di Wadi el-Natrun dei vertici della Fratellanza e di sostenitori del movimento nel gennaio del 2011. Si tratta davvero di un verdetto generico, fantasioso e inconsistente perché in quei giorni furono decine gli islamisti moderati e radicali a uscire dalle carceri egiziane per la completa assenza di polizia e militari. Altri 15 imputati sono stati condannati a morte nel processo per spionaggio con Hamas e i pasdaran iraniani, accusa per la quale Morsi non risulta condannato.
Toccherà entro il 2 giugno alla massima autorità sunnita il gran muftì di Al-Azhar decidere se confermare o meno la condanna, mentre è chiaro che gli imputati ricorreranno in appello. Morsi era stato già condannato a venti anni di prigione per aver ordinato di sparare contro i manifestanti nei giorni dell’assalto al palazzo presidenziale di Heliopolis, nel novembre 2012, nelle settimane in cui emise una dichiarazione costituzionale che avrebbe esteso i poteri presidenziali, poi ritirata in vista del referendum costituzionale del dicembre dello stesso anno.
I familiari di Morsi e i giovani che ora sono al comando della Fratellanza musulmana egiziana, dopo mesi di espulsioni, torture, incarcerazioni e condanne a morte, hanno definito non valida la sentenza. Lo scorso autunno una serie di intercettazioni telefoniche aveva chiarito come per mesi Morsi fosse stato detenuto in un luogo segreto, contrariamente alle disposizioni della legge egiziana – secondo cui la prigione dove un imputato è detenuto deve essere resa nota sin dalla fase delle udienze preliminari. Amnesty International ha parlato di «processo farsa», anche il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha tuonato contro la sentenza.

Tre giudici uccisi per vendetta
Secondo il ministero dell’Interno, si sarebbe immediatamente verificata una rappresaglia di alcune frange jihadiste nel Sinai all’annuncio del verdetto. Tra i condannati ci sono alcuni leader della Fratellanza nella turbolenta regione di confine con Israele e la Striscia di Gaza. Tre giudici sono stati uccisi, uno è rimasto ferito in uno scontro a fuoco. L’attacco sarebbe stato perpetrato dal gruppo Beit al-Mekdisi che in un comunicato ha parlato di reazione alla sentenza contro Morsi.

Già in seguito al proscioglimento dell’ex ministro dell’Interno, Habib el-Adli, le sue abitazioni vennero messe a ferro e fuoco. Da quel momento una delle menti dei più gravi attentati degli anni di presidenza Mubarak gira con una scorta senza pari.

Il timore è che ora dalle condanne alla forca si inizi a passare ai fatti. È il caso del sostenitore dei Fratelli musulmani di Alessandria d’Egitto, Mohamed Ramadan, impiccato dopo essere stato condannato per aver defenestrato dei presunti oppositori nei giorni delle manifestazioni di piazza del 2013. È poi deceduto giovedì in carcere Farid Ismail, parlamentare islamista, entrato in coma epatico e abbandonato a se stesso in prigione.
Come se non bastasse, una corte del Cairo ha proibito il tifo calcistico, dichiarando illegali gli ultras attivi nel paese con accuse di vandalismo. Nella sentenza si legge che tutti i gruppi di tifosi sono considerati «terroristi». L’incredibile verdetto arriva dopo gli scontri dello scorso febbraio tra polizia e ultras dello Zamalek Sporting Club che causarono 19 morti. Ben più gravi furono le conseguenze degli scontri nello stadio di Port Said nel febbraio 2012 quando persero la vita oltre settanta sostenitori del club dell’al-Ahly, i cui fan erano stati attivi nelle rivolte di piazza Tahrir.