Avete notato che nelle stazioni ferroviarie italiane sono sparite tutte le fontanelle d’acqua che si trovavano sui binari o anche nei piazzali davanti? Erano comode soprattutto d’estate quando si arrivava assetati in stazione oppure si scendeva da un treno per andare a prenderne un altro… Invece di questi simpatici spruzzi di acqua corrente, che per altro erano anche igienici, perché la bocca non toccava nulla, bastava porla sopra l’acqua che finiva dritta in gola, sono sorti dappertutto distributori di bibite fresche e di bottigliette d’acqua naturale e frizzante, tutte rigorosamente di plastica. A pagamento. Lo spruzzo delle fontanelle era gratuito.

Ricordiamo a questo proposito che l’acqua era stata sancita come bene comune con il referendum del 12/13 giugno 2011, il quale fu una grande vittoria del “sì” e del movimento per l’acqua pubblica costituitosi per l’occasione all’insegna dello slogan “l’acqua è un diritto e non una merce!”. Ricordo che poco dopo fu di passaggio a Bologna Vandana Shiva che contenta di quell’esito dichiarò l’Italia un paese democratico, data la sua esperienza di lotte simili contro la CocaCola in India, le quali però non erano andate a buon fine e la multinazionale continua a sfruttare i pozzi di acqua per fabbricare le sue bevande e vendere l’acqua a caro prezzo in bottiglia. Di plastica, ovviamente!

C’è un altro problema oltre al fatto di dover acquistare l’acqua nelle bottigliette di plastica, e cioè la plastica di per sè (che è fuori legge in Italia dal primo luglio). Per combattere l’enorme invasione nell’intero pianeta di questo materiale difficile da smaltire e che ormai ci mangiamo in tanti alimenti (persino il miele non ne è esente, mi ha svelato un apicoltore francese), è stato creato il progetto Plastic free. Da un paio d’anni esiste anche a Bologna e tra le prime azioni ha proposto l’incentivazione a usare le borracce riutilizzabili, già molto diffuse tra le persone di tutte le età (ne sono state distribuite nelle scuole e nelle università), per poter bere l’acqua quando si è in giro e non essere costretti a recarsi sempre in un bar e prendere un – nel frattempo diventato molto costoso – bicchiere di acqua minerale (i prezzi variano dai cinquanta centesimi a un euro e cinquanta a bicchiere). Ma prima o poi quell’acqua portata da casa finisce e sorge il quesito: dove posso riempirla?

Spesso mancano proprio i punti di rifornimento per riempire la borraccia. Ecco che Strada Sociale a Bologna ha stretto un “patto di collaborazione” col comune per invitare da un lato i gestori dei bar in città (nel centro e nelle periferie) a far riempire le borracce gratuitamente ai propri rubinetti, senza alcun vincolo di consumazione, e dall’altro a far installare alcuni distributori di acqua pubblica purificata, come quella del rubinetto di casa, per intenderci. Infatti, dopo due anni di lotte è stato inaugurato alla fine di giugno il primo distributore pubblico in via del Pratello al numero 80 (dove risiede il bagno pubblico, andando dal centro storico verso i viali di circonvallazione alla porta S. Isaia), con le opzioni di prendere acqua naturale, lievemente frizzante e frizzante, a un costo minimo al litro che prevede 5 cent per un litro di acqua naturale e 10 cent per quelle leggermente frizzanti e frizzanti. Basta recarsi sul posto con bottiglie adatte, o più bottigline.

Già molto criticato sui social per il fatto che non sia gratuita, soprattutto alla luce del referendum di cui sopra benché questo si riferisca alla privatizzazione, gli organizzatori rispondono che si rendono ben conto che un distributore simile non può e non deve essere un’alternativa alle fontanelle gratuite che sarebbero da ripristinare ovunque, bensì una piacevole copresenza. La battaglia principale di Strada Sociale in occasione del Plastic free è principalmente “contro la plastica”, ben consapevoli che l’Italia è il maggior consumatore di acque minerali. Sono circa duecento le etichette più diffuse per lo più in bottiglie di plastica. Il motivo? Chissà. Di sicuro c’è qualcosa che non va nello Stivale: dalle tubature vecchie che rendono l’acqua imbevibile e spesso addirittura non potabile, fino all’inquinamento a monte, ossia le tante defluenze industriali non a norma. Non per questo però devo essere costretta (o costretto) a contribuire al consumo di tonnellate di CO2 quando ho sete. Basta dare uno sguardo ai sacchetti gialli davanti alle porte nei giorni di raccolta rifiuti della plastica: il maggior contenuto sono bottiglie di acqua minerale.

Per quanto riguarda i distributori, le cosiddette casette dell’acqua, esistono da tempo del tipo pubblico nei paesini in giro per la regione Emilia-Romagna, vale a dire che in provincia si è molto più avanti rispetto a certe esigenze sociali. Anche nella stessa Bologna ne esistono diverse in alcuni punti della città, ma finora sono tutte rigorosamente a gestione privata! È appunto per escludere il privato, il lucro su un bene pubblico, che Strada Sociale si è battuta in comune per avere questo primo risultato. Il “patto di collaborazione” prevede un piccolo contributo per le spese e un grande sostegno a livello burocratico per portare avanti la campagna pro gestori di bar “gentili” verso chi vuole riempirsi semplicemente la propria borraccia.

Sta qui il lato “politico” della questione: Strada Sociale si batte per stimolare una discussione riguardo alla disponibilità per tutti dell’acqua pubblica a un costo basso. Va spiegato, forse, dove vanno a finire i (pochi) soldi incassati: per cambiare i filtri che tolgono il cattivo odore e per eseguire periodicamente analisi batteriologiche.

In ogni caso, grazie a un piccolo questionario fatto da Strada sociale assieme a Lega Ambiente Bologna, si è saputo che questi distributori (finora tutti privati) sono molto graditi dalla popolazione e molto usati come alternativa all’acquisto di acqua minerale in bottiglie di plastica. Un uso spesso determinato dal fatto che l’acqua del rubinetto “puzza” per l’uso del cloro ai fini di purificarla dai batteri, un odore che poi evapora. Ma già le persone preferiscono venire con tante bottiglie in bici per gustarsi l’acqua che non puzza del distributore nel Pratello.

 

RESTAURI E RISCOPERTE DELLE STORICHE CANNELLE

A l’Aquila non sono in corso soltanto le ristrutturazioni delle case terremotate nel centro storico, il 28 giugno è stata inaugurata anche una fontana restaurata, quella di Porta Bazzano. Essa si trova in una posizione seminascosta rispetto alla piazzetta che si apre a chi entra dalla un tempo maestosa entrata in città, perché è incastonata nel muro di sostegno costruito sul punto di inizio della Costa Masciarelli che sale verso la piazza centrale, la Piazza Palazzo. Da ricerche storiche condotte da Ada d’Alessandro, storica medievista, e da Antonio Di Stefano, sovrintendente ad interim della Sovrintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città dell’Aquila e i comuni del Cratere – L’Aquila, ai fini di poter raccontare le origini di quella fontana sul folder illustrato distribuito per l’occasione, apprendiamo che la piazzetta esiste da tempi lontani: viene nominata per la prima volta in occasione dell’entrata in città di Re Carlo d’Angiò nel 1268 per chiedere aiuto agli aquilani nella battaglia contro le truppe francesi e l’antica dinastia dei Hohenstaufen, battaglia immortalata persino in un verso di Dante nella sua Commedia Divina (“ove sanz’arme vinse il vecchio Alardo”). Da quella Porta Bazzano entrarono altri cortei regali in seguito e descritti in varie opere, mentre in una incisione storica del 1600 circa si vede l’aspetto della piazzetta in quel periodo storico con tanto di fontana e l’antiporta di San Matteo (poi scomparsa). I due autori ribadiscono comunque che l’aspetto della fontana raffigurata in numerose cartografie del Seicento non corrisponde a quella realmente esistita, in quanto si tratta per lo più rappresentazioni simboliche di una fonte di acqua zampillante. Rimane però il grado di importanza attribuitale, data la monumentalità accordatale, assieme a quella che fu propria dell’area tutta una volta che si è oltrepassati la Porta Bazzano sul lato sud della città che offriva “il primo sguardo sulla magnifica citade e le acque della fontana un piacevole ristoro per chi aveva compiuto il viaggio” – come leggiamo sul folder, dove compare in posizione centrale il marchio del Rotary International Italia – Belgio – Francia delle città L’Aquila, Mariemont e Linselles, avendo contribuito a livello economico a questo restauro.

Risale al 1525 un’ordinanza in tutt’altra zona, a Merano, in Alto Adige, che diceva che “nelle fontane della città non si possono lavare verdure e frutta, bisogna tenerle pulite e ci vigilano i mastri vinai, oltre alla “. Lo abbiamo letto su una insegna sulle fontane che si trovano nella via storica della cittadina sulle rive del Passirio, i Portici, che attraversa il centro ed è dotata di una fontana ogni cinquanta metri e non a caso si chiama la “via delle fontane”, dalle quali sgorga una fresca acqua di sorgente. Certo, qui non manca l’acqua che giunge in quantità generosa dalle montagne e molti non conoscono cosa significhi non trovare una fontana per dissetarsi al momento o non avere acqua potabile buona dal rubinetto. Tanto che persino nella piscina comunale, il famoso Lido, ci sono diverse fontanelle in pietra, proprio di quel tipo con l’acqua sgorgante dal centro che si alza come una cascatella inversa per essere bevuta direttamente da lì. Esattamente quel tipo che si trovava sui binari delle stazioni ferroviarie, ormai rimosse.

Mentre in una città come Roma le fontane abbondano, a Bologna stanno risorgendo piano piano esistendo anche qui dai tempi lontani ma molte sono state abbandonate nel centro storico. E’ stata rimessa quella vicino alla Fontana del Nettuno in Piazza Maggiore, così come alcune altre hanno ripreso a funzionare come quella – ci hanno raccontato – situata nella un tempo malfamata via Miramonte dietro il tribunale (anni addietro fu la zona delle prostitute). Anche qui soltanto dopo una dura lotta col quartiere di riferimento. Troviamo la sua immagine sul sito bolognaplasticfree.it (delle cui iniziative si parla qui accanto), dove alla voce “mappa dell’acqua” si trovano tra l’altro elencate e presentate con foto e cartina per individuare subito dove si trovano le fontanelle presenti nella città, cioè quelle mappate dalle persone attive nella Social Street in giro per strade, piazze e soprattutto parchi pubblici: in totale si contano, per ora, trentotto. Certo, per una città di cinquecentomila abitanti sono sempre poche, tenendo presente che Merano per i suoi trentottomila ne ha messo a disposizione sessantacinque, ovvero quasi il doppio di questa cifra.

Speriamo che l’iniziativa di L’Aquila, Merano e Bologna faccia scuola anche nel resto del Paese e ne sorgano tante altre fontanelle in giro per l’Italia, alla faccia di chi ci vuole guadagnare sull’acqua, bene comune, invitando con apposite pubblicità la popolazione a bere le acque minerali perché “più sane”. Le fontane traggono la loro acqua dalle condutture dell’acqua pubblica, un’acqua controllata e a dire di molti esperti egualmente sana in quanto a volte persino più controllate riguardo alla quantità di rimanenze di pesticidi o urano, ad esempio. Da un test effettuato da una organizzazione tedesca risulta che ogni terza bottiglia sottoposta all’analisi risultava positiva a germi vari e che per di più le bottiglie di plastica rilasciano l’acetaldeide ivi contenuta nell’acqua dopo soli sei mesi di conservazione acquisendo un sapore dolciastro. Dove è meglio assumerla bollita per evitare ogni infezione.