Attilio Fontana prova a difendersi nell’aula del consiglio regionale. In un discorso durato quasi un’ora, con la maggioranza che gli fa quadrato intorno – sventolando bandiere lombarde con la rosa camuna – ribadisce la correttezza delle sue azioni e attacca le «polemiche strumentali lesive della mia persona e del ruolo che ricopro».

DOPO IL TERREMOTO giudiziario del weekend, quando la procura di Milano gli aveva notificato l’avviso di garanzia per frode in pubblica fornitura nell’ambito della vicenda dei camici forniti da Dama spa ad Aria (società che controlla gli acquisti del Pirellone), il governatore leghista si è presentato in consiglio regionale per raccontare la sua verità. «Chiesi io a mio cognato di non accettare il pagamento» per i 75 mila camici forniti dalla sua società «proprio per evitare polemiche e strumentalizzazioni», dice il presidente della Regione che prova a smarcarsi dalle accuse.

«Ho saputo dei rapporti negoziali tra Dama e Aria solo il 12 maggio», continua Fontana ma nella sua ricostruzione qualcosa non torna, come ribadiscono le opposizioni: «Il mancato bonifico è del 19 maggio, mentre le dichiarazioni di Fontana di estraneità all’ordine di camici e kit sanitari è del 7 giugno», spiegano dalla minoranza.

MA NEL TARDO POMERIGGIO di ieri, diverse ore dopo la conclusione dell’intervento in aula, spunta fuori un dettaglio non da poco dall’interrogatorio di Filippo Bongiovanni, dirigente dimissionario di Aria, anche lui accusato dello stesso reato di Fontana. L’ex dg avrebbe infatti affermato davanti ai pm milanesi di aver riferito già il 10 maggio a Giulia Martinelli, capo della segreteria di Fontana, nonché ex moglie di Salvini, dell’esistenza di un contratto di affidamento diretto per la fornitura a Dama.

Versione che sembra scontrarsi con quella del governatore. Fontana, però, potrebbe decidere di presentarsi davanti ai magistrati per l’interrogatorio già a settembre, come ha spiegato il legale Jacopo Pensa che ha incontrato il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli per «uno scambio di vedute».

Il difensore sostiene che si tratti ancora «di accuse fumose e ipotetiche» e aggiunge che la Procura non ha apprezzato il mancato completamento della fornitura dei camici: «chi non ha rispettato il contratto è stato il cognato», puntualizza.

Alla ricostruzione dei fatti manca però anche la conversione della fornitura in donazione: passaggio che non fu mai registrato. I giudici di Milano comunque vogliono vederci chiaro e stanno estendendo le verifiche anche al conto in Svizzera da cui doveva partire il bonifico di 250 mila euro, su cui il governatore, nel 2015, avrebbe scudato i 5 milioni di euro di «eredità materna».

Una vicenda giudiziaria che ha investito a pieno titolo la politica con le accuse a Fontana di non poter più guidare la giunta lombarda. Non bastano le dichiarazioni di sostegno che il governatore leghista riceve dai colleghi Zaia e Toti: le opposizioni lombarde (Pd, M5s, + Europa Radicali, Azione e Lombardi Civici europeisti) si dicono pronte a utilizzare «tutti i mezzi a disposizione, compresa la mozione di sfiducia della quale il M5S si è fatto promotore, per metterlo davanti alle proprie responsabilità».

ITALIA VIVA, INVECE, con la consigliera Baffi si smarca e fa l’occhiolino alla maggioranza: «Non condivido la mozione, frutto di un’elencazione di fatti sommari. Fontana ha ripercorso le fasi della gestione dell’emergenza sanitaria in modo puntuale». Anche a Roma, i più agguerriti restano i 5 stelle che attaccano il «modello Lega» applicato alla sanità.

«Il problema intorno alla gestione degli ospedali in Lombardia resta, in perfetta continuità con Formigoni. Si è voluto trasformare un momento difficile in una spettacolarizzazione politica», ha detto il viceministro M5s allo Sviluppo economico Stefano Buffagni mentre dal leader pentastellato, Vito Crimi, arriva l’accusa a Fontana di essere «attaccato alla poltrona».

Il capo politico del Movimento non perde l’occasione per una bordata anche a Salvini, «principale sponsor: non stupisce che difenda a spada tratta il governatore arrivando a sbraitare contro chi indaga».

Intanto, arriva nel tardo pomeriggio di ieri la convocazione della commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid per il 7 settembre. La task force del consiglio regionale, che da mesi attende la nomina di un presidente tra le file dell’opposizione, era ostaggio del veto della Lega sul candidato del Pd, oltre che di divergenze interne all’opposizione.