Una giornata passata a litigare, in serata la tregua mentre il numero delle vittime saliva a 11. Nel pieno di una crisi ancora tutta da gestire il presidente del consiglio Conte e il presidente lombardo Fontana sono riusciti ad attaccarsi rimpallandosi le responsabilità sulle falle nella gestione dell’emergenza coronavirus. A scatenare l’ira leghista le parole del presidente del consiglio che ha parlato di mancato rispetto del protocollo nazionale da parte dell’ospedale di Codogno.

SENZA MAGARI VOLERLO direttamente, Conte ha puntato il dito contro il principale centro di potere lombardo, la sanità, minando alle fondamenta la narrazione dell’eccellenza lombarda. Guai a toccare il modello lombardo, guai a mettere in discussione la sanità, che in questa regione significa anche soldi, potere e prestigio. Troppo per la Lega, un precedente ingombrante, con cui però il partito di Salvini dovrà fare i conti: qui qualcosa non ha funzionato, l’ospedale di Codogno è il focolaio dell’epidemia italiana.

In serata, dopo avergli dato di prima mattina dell’ignorante, Fontana ha detto che con Conte è arrivato il chiarimento. Il presidente del consiglio ha precisato di aver solo preso atto della relazione sanitaria arrivata dalla Lombardia. Nel pomeriggio si era arrivati a un passo dalla rottura durante la riunione in videoconferenza tra ministri, presidenti di regione e tecnici del ministero della salute. A una critica sollevata da un tecnico sulla gestione lombardo-veneta Fontana aveva sbottato – «con che coraggio attacchi medici e infermieri» – abbandonando la postazione da cui era collegato.

Solo la mediazione del ministro della difesa Lorenzo Guerini ha evitato la rottura. Ad essere cambiati dopo cinque giorni di crisi sono stati anche i toni e la gestione dei dati e delle informazioni. Fontana in consiglio regionale ha minimizzato la portata del coronavirus, «è poco più di una normale influenza», ha detto in consiglio regionale, spostando l’attenzione sulle ricadute economiche: «Un’ulteriore botta alla nostra economia».

IL SISTEMA PRODUTTIVO lombardo-veneto rischia di fermarsi se la diffusione del virus proseguirà e i numeri non sono buoni. È salito a 322 il numero dei contagiati, una quarantina solo ieri, si registrano i primi casi fuori dal nord Italia e anche di italiani, lombardi in particolari, andati all’estero nei giorni scorsi. Undici le vittime, tutte persone anziane già ricoverate per altre patologie e risultate positive al coronavirus. Sono i soggetti fragili per cui è fondamentale arginare la diffusione del virus limitando la socialità. Altra novità della giornata annunciata dalla Lombardia riguarda la diffusione dei dati e delle informazioni.

«La nuova gestione dei dati prevede la supervisione dell’Istituto Superiore di Sanità sia sulla positività che sui decessi per stabilire a cosa sono dovuti i decessi stessi, se al coronavirus o meno, quando sono presenti più patologie», ha spiegato l’assessore lombardo alla sanità Gallera. «Adesso speriamo che ci sia una più attenta valutazione dell’Istituto di superiore di sanità prima di comunicare i decessi – ha detto Gallera – perché non è detto che ci sia connessione tra il coronavirus e questi decessi».

INTANTO PERÒ IERI il numero delle vittime è salito a 11, con 3 decessi in Lombardia e 1 in Veneto. I nuovi contagi nella giornata di ieri in Lombardia sono stati 28. Ma a preoccupare anche per le ricadute sulle relazioni internazionali, sul turismo e sull’economia, sono i primi casi di contagi dall’Italia all’estero. C’è un primo caso in Svizzera, un uomo di 70 anni che si sarebbe infettato nella zona di Milano. Casi anche in Spagna, a Tenerife e a Barcellona, due persone entrambe arrivate dalla Lombardia. Due italiani 24 enni provenienti da Bergamo sono risultati contagiati in Tirolo e si trovano ora in quarantena all’ospedale di Insbruck.

In Francia il direttore generale dell’Istituto di Sanità ha parlato di un uomo di nazionalità francese che ha contratto il virus dopo essere rientrato dalla Lombardia. In Croazia un giovane che era stato a Milano la scorsa settimana è risultato positivo al coronavirus.

CONTAGI CHE AGGRAVERANNO anche le ricadute economiche per l’Italia. Imprenditori e lavoratori guardano al primo marzo, giorno in cui scadrà l’ordinanza con limitazioni e divieti. La «locomotiva d’Italia» lombardo-veneta e Milano temono una proroga, da molti data per certa, di questi divieti. È sul lavoro e sull’economia che rischia di scivolare il consenso politico.