Il Consiglio europeo dei capi di stato e di governo riunito in videoconferenza ha dato ieri il via libera ai prestiti del Meccanismo europeo di stabilità senza condizionalità se finalizzati ai costi diretti e indiretti dell’emergenza sanitaria indotta dal virus Covid 19 (240 miliardi); al fondo di sostegno delle casse integrazioni nazionali (progetto «Sure» da 100 miliardi); ai prestiti della Banca europea degli investimenti (Bei) per 200 miliardi alle imprese che si aggiungono ai 40 miliardi decisi per le piccole e medie imprese, così come concordato dai ministri dell’economia dell’Eurogruppo tra il 7 e il 9 aprile.

Lo hanno annunciato ieri da Bruxelles il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e la presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen. Quanto al «quarto pilastro» della risposta comunitaria alla colossale crisi, il «fondo per la ripresa», i governi hanno dato un mandato alla Commissione di elaborare entro «la seconda o la terza settimana di maggio» i dettagli decisivi della proposta che sarà incardinata nel bilancio comunitario. L’approvazione sarà prevista in un altro incontro a giugno tra i governi in un altro Consiglio europeo, in presenza, e non più in videoconferenza.

L’IPOTESI del «fondo per la ripresa», il Recovery Fund,  riguarda un finanziamento temporaneo e mirato, dotato di 300 miliardi di euro, inquadrato dentro il bilancio Ue; fondi strutturali per 100 miliardi in due anni (2021-2022) destinati a lavoro, imprese e sanità; investimenti per 200 miliardi per la ricapitalizzazione delle imprese, assicurando la produzione di materiale sanitario (mascherine e altro). è stata accettata la richiesta italiana di considerare «urgente» il fondo.

E Von Der Leyen ha parlato di una «soluzione ponte» da fare partire prima del difficile varo del nuovo bilancio previsto dopo la metà del 2021. Potrebbe essere pari a 200 miliardi ed operativa dal primo gennaio 2021.

Il presidente del Parlamento europeo David Sassoli ha parlato di una garanzia della Bei. La base giuridica, già usata per il progetto «Sure», è l’articolo 122 del Trattato del funzionamento dell’Unione Europea attraverso il quale la Commissione emette obbligazioni sul mercato con garanzie.

Per Von Der Leyen il progetto dovrà contemplare un «giusto equilibrio tra prestiti agli stati e sovvenzioni finanziarie senza restituzioni». La presidente non ha dato maggiori dettagli, ma ha ipotizzato una mediazione tra un’obbligazione a lunga scadenza e interessi ridotti a carico degli Statie il «bond perpetuo» senza rimborso e finanziato con tasse europee come una «Carbon tax».

I PROBLEMI politici ed economici non sono stati risolti dalla riunione, le divergenze restano, solo un marchingegno giuridico permetterà di mobilitare risorse certo inedite e richiesta dalla Bce impegnata a garantire la sostenibilità dei debiti pubblici dei paesi più colpiti. Sarà conservata l’impalcatura intergovernativa che impedisce di costituzionalizzare una politica di bilancio, ma permette a ciascun leader di rivendere un risultato alle opinioni pubbliche dei propri paesi.

La diplomazia economica resterà contorta e conflittuale e, nei prossimi 15 giorni, tornerà nell’arena dell’Eurogruppo. Siamo comunque lontani dal surreale dibattito italiano sull’aut aut del presidente del Consiglio Giuseppe Conte «No al Mes, Sì agli Eurobond» il conflitto è sulla modalità di finanziamento di un fondo che non è l’Eurobond, mentre il Mes è passato, senza l’opposizione del governo italiano. Lo aveva accettato sostenendo la proposta dell’Eurogruppo, coerentemente con la proposta fatta dallo stesso Conte al Financial Times il 19 marzo scorso. Successivamente avete ipotizzato che il Mes diventasse il soggetto creatore dei «Coronabond/Eurobond».

A farlo sarà invece la Commissione Ue. Non era scontato. I problemi riguardano sempre la gestione del debito prodotto dalle misure comuni e le modalità del suo finanziamento. Sempre che siano sufficienti le pur ingenti misure: due triliardi di euro, circa, ma divisi tra tutti i paesi.

IL CONFLITTO è stato evidenziato dal presidente francese Emmanuel Macron secondo il quale non si tratta di creare un «debito comune europeo» ma destinare «trasferimenti, e non prestiti» ai paesi colpiti dalla crisi. «Credo che nel momento che stiamo vivendo, questi trasferimenti debbano essere dei veri trasferimenti di bilancio», ha detto Macron citando Spagna, Italia e Belgio come i Paesi più colpiti dalla crisi. «Credo che la nostra Europa non avrà un futuro se non sapremo dare questa risposta – ha aggiunto – se abbandoniamo queste regioni, se lasciamo cadere una parte dell’Europa, tutta l’Europa cadrà con essa».

CHI È INVECE favorevole ai prestiti, e non ai trasferimenti, è il governo austriaco ad esempio. «Dovremmo farlo attraverso prestiti. Mutualizzazione del debito o eurobond sono inaccettabili. Continueremo a coordinare la nostra posizione con i Paesi che la pensano come noi» ha twittato il cancelliere austriaco Sebastian Kurz. «Per gli aiuti a fondo perduto lo strumento giusto è il bilancio pluriennale, il fondo per la ripresa è basato sui prestiti» ha incalzato il premier olandese Mark Rutte.

DA BERLINO la Cancelliera Angela Merkel ha ammesso il dissidio su come dovrebbe «essere finanziato il fondo per la ripresa», se «con sussidi o prestiti». A chi le ha chiesto se al Consiglio europeo vi sia stato uno scontro Nord contro Sud, Merkel ha risposto che ci si è confrontati «nella consapevolezza di dover trovare strade comuni». «È stata una conversazione molto amichevole. Non lavorerei con concetti così marziali».