Fondo monetario europeo? No grazie. C’è anche questo passaggio, non banale, nella risoluzione di maggioranza presentata da M5s (Francesco D’Uva) e Lega (Riccardo Molinari) e approvata da Camera e Senato, in vista dell’odierno Consiglio Europeo e soprattutto del “Vertice Euro” di domani. Dove sarà appunto in discussione anche la riforma del fondo salva-Stati, tecnicamente del Meccanismo europeo di stabilità, da organismo di cooperazione intergovernativa a istituzione comunitaria. Con il conseguente passaggio delle decisioni operative alla Commissione Ue, invece che ai singoli governi degli Stati membri.
Al progetto franco-tedesco, che nei fatti apre alla trasformazione del Mes/Esm in Fondo monetario europeo, come peraltro previsto nel Piano Juncker, è dedicato un ampio passaggio della risoluzione D’Uva-Molinari: “Si conferma l’impegno ad opporsi ad assetti normativi che finiscano per costringere alcuni paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti e automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci; più specificamente, in ordine alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, a non approvare modifiche che prevedano ‘condizionalità’ che finiscano per penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di investimenti”.
La levata di scudi della maggioranza che appoggia il governo Conte-Salvini-Di Maio poggia su evidenti ragioni pratiche. Secondo le nuove norme, il Mes/Esm potrà erogare più velocemente linee di credito precauzionali agli Stati membri in temporanea difficoltà sui mercati dei capitali. Ma solo a condizione che questi rispettino i vincoli del Fiscal Compact. Proprio quei vincoli, subiti negli ultimi anni da Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro, sui quali il governo Conte cercherà a Bruxelles di ottenere invece flessibilità.
Sulla vicenda specialmente il M5s ha da tempo preso posizione. Già nel marzo scorso i pentastellati, insieme alla Sinistra europea, avevano votato contro una relazione del Parlamento Ue che ha avvallato la costituzione del Fondo monetario europeo, proprio perché si aprirebbe la porta alla “condizionalità”. In altre parole all’obbligo di rispettare le cosiddette “raccomandazioni” dell’Ue sulle riforme strutturali.
Esplicito in quell’occasione l’eurodeputato pentastellato Piernicola Pedicini: “Non abbiamo bisogno di costruire un altro meccanismo che rinforza l’austerità nell’Ue, chiedendo ai paesi di realizzare riforme lacrime e sangue. Abbiamo già visto l’esercizio del fondo salva-Stati in passato, che è stato semplicemente un meccanismo per rafforzare le politiche di austerità nei singoli Stati. Questa è una forma diversa, ma basata sugli stessi principi. Le ‘condizionalità’ che impone il fondo, per i paesi che vi aderiscono e per quelli che ne hanno bisogno, sono pesantissime da un punto di vista sociale. Sono le riforme strutturali che prevedono l’abbassamento dei salari, l’aumento dell’età pensionabile e la riduzione della spesa sanitaria. Rischiamo una deriva ancora più importante di quella che è già in atto”.
Non per caso, la risoluzione D’Uva-Molinari impegna anche “a trasmettere alle Camere le proposte di modifica al trattato Esm, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato”. La risoluzione è stata approvata alla Camera con 287 voti a favore, 188 contrari e 33 astenuti, mentre al Senato ci sono stati 142 sì, 88 no e 2 astenuti.