La città di Fondi, nel Sud Pontino, a soli centocinquanta chilometri da Roma e a cento dalla Campania, è diventata zona rossa. Lo ha stabilito un’ordinanza della Regione Lazio firmata dal vicepresidente, Daniele Leodori, e dall’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, in accordo con il Prefetto di Latina, Maria Rosa Trio, e il Sindaco di Fondi. Sono state infatti trovate 47 persone contagiate dal coronavirus mentre 600 sono già in isolamento.

Il contagio sarebbe iniziato intorno al 22 febbraio quando alcuni anziani fondani si sono incontrati coi figli provenienti dal Nord Italia. Gli stessi anziani avrebbero partecipato il 25 febbraio ad una festa di Carnevale in un centro locale. Non a caso il 6 marzo successivo le autorità sanitarie hanno riscontrato due tamponi positivi fra i partecipanti alla festa e altri tre fra i loro familiari. Pochi giorni dopo, una donna di 90 anni di Fondi è deceduta proprio a causa dell’infezione.

Un pericolo per la salute pubblica che le autorità conoscevano bene, considerando che nei primi giorni di marzo il pronto soccorso dell’ospedale di Fondi era stato sanificato più volte per l’arrivo di persone positive al coronavirus. Perché allora dal 25 febbraio anziani e familiari hanno circolato liberamente per Fondi, dichiarata zona rossa solo il 20 marzo? Se lo domanda anche Bruno Fiore, da anni impegnato contro le mafie nel Sud Pontino, secondo il quale«il fatto che diverse persone contagiate siano state lasciate passeggiare per la città dimostra la pessima gestione da parte dell’amministrazione comunale. Tutto questo produrrà un picco drammatico dei contagi».

L’ordinanza regionale impone il divieto di allontanamento da Fondi, come anche il divieto di accesso, tranne che per i servizi consentiti. La circolazione è permessa solo «al personale militare, protezione civile, delle forze di polizia, dei vigili del fuoco, del personale medico e sanitario in servizio nel Servizio Sanitario Regionale, farmacisti e veterinari». Nel contempo la Direzione regionale salute, con il coordinamento dell’Unità di crisi, ha incrementato i posti letto di terapia intensiva e quelli per le unità operative di pneumologia e malattie infettive.

La Regione ha previsto screening per immagini tramite tac polmonare in raccordo con il Policlinico Universitario Campus Biomedico e un camper per eseguire tamponi a domicilio. La Croce Rossa ha invece montato un campo nel monastero fondano di San Magno che Don Francesco Fiorillo, coordinatore provinciale di Libera che da anni subisce gravi minacce per il suo impegno contro le mafie, ha vocato a presidio di legalità e fratellanza ed ora anche come luogo di cura per la popolazione contagiata.

Il Comune di Fondi è noto non solo perché è stato il primo comune italiano a non essere stato sciolto per mafia nonostante relazione favorevole dell’allora Prefetto di Latina, Bruno Frattasi, ma anche perché ospita uno dei mercati ortofrutticoli (Mof) più grandi d’Europa. Esso movimenta l’ortofrutta prodotta nell’Agro Pontino per circa 1,1 miliardi di chili, in prevalenza ortaggi, frutta e agrumi. Secondo Coldiretti, il Mof «svolge un ruolo centrale nel garantire gli approvvigionamenti alimentari della popolazione in questo difficile momento al quale contribuiscono oltre 4000 imprese agricole». Un mercato attenzionato da anni per il suo condizionamento da parte delle mafie, come ricostruisce puntualmente il rapporto annuale Agromafie di Eurispes.

Il Mof, secondo l’ordinanza, può ora operare solo la mattina, con conseguenze drammatiche per il comparto agroalimentare italiano e per tutti gli operatori pontini del settore. Tutti gli operatori saranno controllati giornalmente mediante termoscanner e hanno il divieto di assembramento. La distribuzione dei generi alimentari resta dunque garantita ma a tempo parziale, con difficoltà gravi per migliaia di aziende agricole pontine e soprattutto per i lavoratori che rischiano di pagare, più degli altri, questa crisi.

Alcuni braccianti stranieri, soprattutto indiani, bangladesi e richiedenti asilo vittime di caporalato e di estorsione da parte di padroni italiani locali, sono spesso reclutati mediante furgoncini e trasportati, in violazione delle ordinanze a tutela della salute pubblica, in alcune aziende agricole locali. Il 19 marzo scorso il commissariato di Terracina, nell’ambito dei servizi contro la diffusione del Covid-19, ha fermato tre furgoni con 25 braccianti bangladesi che viaggiavano senza guanti e mascherine.

Sono stati tutti denunciati, insieme ai due italiani alla guida dei mezzi. Un’operazione che dovrebbe riguardare anche le aziende agricole nelle quali erano diretti quei lavoratori.