Con una e-news straordinaria, Matteo Renzi va al contrattacco e parla esplicitamente di “una ferita alla democrazia” da parte della procura di Firenze, che sta indagando sui rapporti fra la vecchia Fondazione renziana Open, attiva dal 2012 al 2018 con una raccolta complessiva di 6,7 milioni di euro, e i suoi finanziatori. Che non sono indagati, fanno sapere gli investigatori, ma le cui documentazioni possono essere utili in una inchiesta partita a settembre con l’ipotesi di accusa di traffico di influenze da parte dell’ex presidente della Fondazione, l’avvocato Alberto Bianchi. Mentre ora i magistrati requirenti Luca Turco e Antonino Nastasi lavorano anche sull’ipotesi di reato di finanziamento illecito a partiti. Un’accusa contestata a Bianchi e anche all’amico e storico braccio destro di Renzi, Marco Carrai, che faceva parte del cda della Fondazione insieme alla parlamentare di Italia Viva, Maria Elena Boschi, e al parlamentare del Pd, Luca Lotti. Con quest’ultimo che puntualizza: “Non sono mai esistite carte di credito o bancomat della Fondazione Open intestati a parlamentari”. Sorvolando però sul loro possibile utilizzo da parte degli stessi.
Comunque sia, proprio sull’accusa di finanziamento illecito a partiti, visto che per la procura la Fondazione avrebbe agito come una “articolazione” di un partito, attacca Renzi: “Secondo i magistrati, Open non è una Fondazione ma un partito. E come partito ha regole diverse. Ma chi lo stabilisce? E i perquisiti come potevano saperlo? La Fondazione ha uno statuto, un cda, dei revisori, rispetta le regole delle fondazioni. Dire che io ho fondato Open come partito diventa una giustificazione per indagare alcuni e perquisire tutti. Attenzione: nessun equivoco! Io non sto attaccando l’indipendenza della magistratura, ma sto difendendo l’indipendenza della politica. Se fondo un partito lo decido io, non un magistrato”. In parallelo, il capogruppo di Italia Viva al Senato, Davide Faraone, insiste sulla richiesta di discutere al più presto nell’aula di Palazzo Madama sul finanziamento ai partiti.
Al di là della retorica renziana, il tema è scivoloso. Non per caso Matteo Salvini non intende commentare le traversie della Fondazione Open. E solo il M5s con il suo capo politico Luigi Di Maio continua a chiedere una commissione di inchiesta parlamentare sui fondi ai partiti, ipotesi su cui il Pd ha subito chiuso la porta. Mentre Nicola Fratoianni di Leu guarda allo stato delle cose con un’altra prospettiva: “Il vero scandalo è il finanziamento privato ai partiti. In nome della moralizzazione abbiamo avuto l’effetto opposto, ora abbiamo una forma malsana ed opaca di finanziamento privato alla politica. Si apra una discussione seria, e si reintroduca il finanziamento pubblico, in modo trasparente e controllato”. Sul punto, laconico ma in sintonia con Fratoianni il presidente toscano Enrico Rossi: “Io sono sempre stato a favore del finanziamento pubblico ma questa è un’opinione mia, il resto vedremo”.
Intanto vanno avanti le visite dei finanzieri agli imprenditori che in passato avevano finanziato Open, molti dei quali rendendolo noto pubblicamente. Fra questi l’armatore Vincenzo Onorato e il finanziere David Serra, Marco Zigon della Getra, il gruppo Garofalo, e tra i fiorentini i fratelli Aleotti della Menarini, Corrado Fratini e i fratelli Bassilichi. Non sono indagati, ma la procura cerca prove di eventuali irregolarità, e più in generale “significativi intrecci tra prestazioni professionali rese da Bianchi e dai suoi collaboratori, e finanziamenti alla Open”.