Oltre la metà degli Stati americani hanno depenalizzato la marijuana quanto meno per scopi medici: 25 Stati con varie limitazioni sul numero di piante coltivabili o le quantità di principio attivo consentite, oltre allo Stato della capitale, Washington.

Nel corso del 2016 se ne sono aggiunti altri tre, dove sono passate leggi aperturiste: Louisiana, Ohio e Pennsylvania. L’avere legislazioni più o meno restrittive è in ogni caso una condizione non legata direttamente dall’appartenenza partitica del governatore: ci sono sia Stati conservatori sia democratici dove comunque hanno vinto maggioranze per la liberalizzazione parziale, tra cui l’Alaska (il referendum è stato vinto al 58%) e il democratico Oregon (maggioranza del 55%).

Washington è stato uno dei primi Distretti federali a muoversi in questo senso, mentre il primo a consentire una modica quantità, con un referendum già a metà anni Novanta, è stata la California. All’inizio di questo mese sono state depositate le firme per un referendum di iniziativa popolare persino in Arkansas e in Florida, anche se pare che non ne siano state autenticate a sufficienza e pendono ora sulle due consultazioni possibili ricorsi.

Quasi tutti i sondaggi fatti da vari istituti di ricerca (il 98%) hanno sempre dato maggioranze ampie ai sostenitori della marijuana terapeutica. L’ultimo in ordine di tempo riguarda proprio la Florida dove il 61 per cento degli intervistati ha risposto che avrebbe votato sì a una consultazione popolare che pareva già sicuramente fissata per novembre mentre ora è in forse. Un sondaggio realizzato dalla Harris Poll nel maggio scorso ha dato addirittura l’81 per cento dei favorevoli. La tendenza al sì è comunque in forte aumento, considerato che nel 1979 erano solo il 27 per cento.

In Colorado intanto, dice il governatore John Hickenlooper, le tasse sulla vendita di marijuana porteranno nelle casse statali 134 milioni di dollari, più del previsto.