Polemiche in Basilicata per la scoperta di un nuovo focolaio di Covid-19 dopo che una trentina di migranti bengalesi, trasferiti nelle strutture lucane, sono risultati positivi al tampone.
La regione era stata solo lievemente toccata, finora, dall’epidemia da coronavirus e poteva vantare numeri, pur nella tragedia, abbastanza esigui con 28 decessi dovuti direttamente al Covid e circa 450 contagiati, su un totale di 600 mila abitanti. Da settimane, ormai, il bollettino giornaliero della task force regionale non dava notizia di nuovi contagi.
Il focolaio legato all’arrivo dei migranti bengalesi, però, è stato immediatamente circoscritto, essendo stati i migranti sottoposti a tampone non appena arrivati nel territorio regionale e, ove necessario, posti in isolamento.
Una situazione apparentemente sotto controllo, insomma, nella quale, se errori ci sono stati, sono da riferire al mancato test al momento dell’arrivo dei migranti, non in Basilicata, ma sul territorio nazionale, lamentano ufficialmente le autorità regionali.
E invece no, perché è bastato che a risultare positivi fossero dei migranti, subito, peraltro, messi in quarantena, per scatenare le polemiche. Tra una richiesta implicita di chiudere i centri di accoglienza e un invito a non vanificare gli sforzi fatti dai cittadini lucani per evitare la propagazione del virus, la destra, a trazione leghista, che governa la regione da un anno e mezzo, ha mostrato tutte le sue contraddizioni.
In Basilicata, la stragrande maggioranza dei contagi si è sviluppata all’interno dei nuclei familiari, talvolta a causa del ritorno nei territori d’origine, dei cosiddetti cervelli in fuga. In molti paesini, che contano poche migliaia di abitanti, la trasmissione del virus è avvenuta in maniera unidirezionale da giovane ad anziano. Una situazione comunque gestibile, si potrebbe dire, se non fosse per un coordinamento estremamente farraginoso che ha portato a ritardi nell’esecuzione dei tamponi, che hanno riguardato, a oggi, solo il 7% della popolazione. Fino a quando, però, i contagi sono stati provocati dal rientro di lucani che vivono fuori regione, nessuna reale polemica si è innescata. Ora è diverso, e sul carro dell’indignazione per gli sbarchi dei migranti, per giunta «infetti», si può tornare a salire, anche se il tracciamento dei contagiati è risultato molto più immediato e efficace di quanto sia stato in passato.
Dalla fine del lockdown, però, la Basilicata ha voluto puntare, quale ulteriore attrattiva turistica, sulla quasi totale assenza di contagi da covid. La strategia ha dato i suoi frutti, con un, seppur timido, aumento delle prenotazioni nelle località turistiche e una parziale inosservanza delle misure di precauzione per contrastare il virus. Questa forma di noncuranza, o a tratti di negazionismo, ha trovato la sua apoteosi politica, nell’inaugurazione della sede della Lega a Matera che si è tenuta una settimana fa. In quella occasione, nessuna delle misure precauzionali previste è stata rispettata da maggiorenti e simpatizzanti di Salvini, quasi che il virus fosse un lontano ricordo.
«Non vanifichiamo gli sforzi fatti fino a ora», ha dichiarato Carmine Cicala, presidente del Consiglio Regionale eletto con la Lega, con riferimento alla scoperta di positivi tra i migranti appena trasferiti in Basilicata. Condivisibile, se non fosse che lo stesso Cicala, una settimana fa, in quella occasione, non abbia mancato di ignorare le precauzioni, dal distanziamento alla mascherina.