Riccione, dal 14 al 16 febbraio, ha accolto il congresso della federazione nazionale della stampa. Si è trattato di una scadenza statutaria, tuttavia immersa in un universo straordinario: politico, culturale, tecnologico.
Il lavoro nell’informazione è mutato profondamente. Il mondo della carta stampata vive una crisi profonda di vendite, essendo arrivata la caduta alla cifra inquietante di un milione di copie. Erano 6,1 mio nel 2007 e 2,6 quando si tenne il precedente appuntamento di Levico nel 2019. Lo ha sottolineato il segretario uscente Raffaele Lorusso.

Nella sua felice relazione introduttiva ha ricordato che, dall’ultimo dato fornito dall’istituto previdenziale (INPGI, presente con Marina Macelloni) recentemente assorbito dall’INPS, emerge l’allarme occupazionale: il numero dei dipendenti a tempo indeterminato è sceso a 14.702. Circa i due terzi di coloro che operano nel settore vivono una condizione precaria: spesso al limite dello schiavismo intellettuale. In tale contesto, appare gravissimo e surreale che una piccola legge del 2012 (n.233 sul cosiddetto equo compenso), volta a sanare almeno un po’ la situazione, sia tuttora al palo a causa della sorda resistenza degli editori. Una piccola boccata d’ossigeno è il decreto approvato dal governo Draghi, che destina una manciata di risorse per regolarizzare parzialmente i co.co.co. Questa volta l’esecutivo era incarnato dal ministro Sangiuliano e dal sottosegretario con delega Barachini: si vedrà. A proposito della FIEG c’è da aggiungere che l’ultimo rinnovo contrattuale risale al 2014.

Nel frattempo, sono fioriti contrattini pirata, siglati da sigle sconosciute e non certamente rappresentative. Serve una normativa sulla rappresentanza, come ha chiarito nell’applaudito intervento di saluto il segretario generale della CGIL Maurizio Landini. La sintonia tra organizzazioni con storie diverse è ormai indispensabile, per riprendere in mano le fila di una vertenza generale.

Il congresso, impreziosito dalla presenza di numerosi ospiti e da contributi non formali, sarà augurabilmente la premessa per un salto nelle analisi e nella definizione degli stessi istituti contrattuali. Incombono algoritmi e intelligenza artificiale. Al riguardo, è stato depositato un documento redatto dalla fondazione intitolata a Paolo Murialdi, uno dei padri nobili della categoria e protagonista della riforma del 1981, unico tentativo di riforma organica nel settore. La legge in questione (n.416) andrebbe pure aggiornata, insieme a quella generale sulla stampa del 1948 e alla successiva sull’Ordine del 1963.

Sul tema del futuro è apparso netto l’approccio proprio del presidente dell’Ordine Carlo Bartoli, impegnato in un’accurata opera di ammodernamento. La professione si è espansa, e percorre l’universo social e digitale. Tutto è giornalismo? No di certo. Tuttavia, il discrimine divengono la qualità dei contenuti e il rispetto della verità, piuttosto che impostazioni pensate nel secolo scorso.

Il rispetto dell’articolo 21 della Costituzione è la bussola di riferimento, in una stagione in cui quell’edificio sembra incrinarsi sotto la pressione di visioni reazionarie. Del resto, il messaggio del presidente della repubblica Sergio Mattarella è stato chiarissimo.
Uno dei meriti peculiari della FNSI, per impulso del citato segretario Lorusso e dell’attivismo civile del presidente uscente Giuseppe Giulietti, è la rottura dei vincoli chiusi e corporativi. La federazione si occupa delle libertà, delle querele temerarie e intimidatorie, dei bavagli censori e dell’offensiva (anche fisica) verso chi lotta contro le organizzazioni criminali di stampo mafioso o i gruppi dichiaratamente nazifascisti: ventidue giornalisti sono sotto scorta. E vi è forte attenzione alle vittime di misfatti e di guerre.

A raccogliere il testimone il neopresidente Vittorio Di Trapani, che viene da una lunga esperienza alla testa del sindacato della Rai. E, finalmente, ecco una donna alla segreteria (dopo Giuliana Del Bufalo, ma trentatré anni fa): Alessandra Costante de Il Secolo XIX, già attivissima nella federazione.