È stata la domenica più triste per Alexey Navalny, da quando un anno fa lanciò la sua candidatura al Cremlino. Dopo che la sua candidatura per elezioni presidenziali russe che si terranno il prossimo 18 marzo è stata respinta a tutti livelli dagli organi federali competenti, anche le mobilitazioni «per lo sciopero del voto» sono state un flop o quasi. Il suo ufficio stampa snocciola i dati: manifestazioni in 118 di città, 260 fermi, 4 arresti. «Malgrado il freddo che in alcune località ha superato i -20, migliaia di persone in piazza» dichiarano gli uomini dello staff, ma non riescono a nascondere la delusione.

IN MOLTE CITTÀ più che di manifestazioni si è trattato di piccoli presidi e in realtà come Vladivostok dove le scorse volte i manifestanti erano stati nell’ordine delle migliaia, domenica si sono radunate solo poche centinaia di persone. A Mosca, dove Navalny è stato portato in questura prima di poter raggiungere il concentramento in Piazza Pushkin, un migliaio di persone. Compare, a un certo punto, anche un gruppo di neofascisti incappucciati con bandiere nere con la croce celtica che invocano «Solo Russia è niente più!» ma i giornalisti stranieri fanno a gara per evitare di fotografarli. Inquietante anche che nessuno dei presenti abbia di che ridire, visto che si manifesta per la democrazia.

La macchina mobilitativa del leader populista sembra essersi inceppata. Sicuramente la nuova tattica della polizia sta funzionando. Formalmente le manifestazioni non sono autorizzate, tuttavia vengono lasciate svolgere, e i fermi sono selettivi, non hanno più i caratteri della retata. Tutto ciò, tra l’altro, ha fatto allontanare molti giovanissimi i quali partecipavano a questi happening eccitati dall’idea di un pomeriggio porno-riot.

MA NON È SOLO QUESTO. Esistono problemi evidenti per Navalny di comunicazione e di prospettiva. «Il suo ottuso rifiuto di introdurre delle rivendicazioni sociali o di far aderire i lavoratori che protestano contro la messa fuorilegge dei sindacati per concentrarsi solo sulla corruzione, sta iniziando a mostrare la corda» ci dice un militante del Blocco di sinistra venuto in piazza ad annusare l’aria che tira. Inoltre la sua tattica di delegittimare non solo Putin ma tutti i candidati, la personalizzazione estrema della sua campagna, comincia a infastidire anche chi, nell’opinione pubblica russa, lo “Zar del Cremlino” proprio non lo ama.

NON SARÀ UN CASO che Novaya Gazeta, da sempre vicina a Navalny, ieri ha preferito aprire il giornale sul tour di Xenia Sobchak in Cecenia.

La “pasionaria liberal”, figlia dell’illustre ex-sindaco di San Pietroburgo, che si presenta alle elezioni con lo slogan «chi vota me vota contro tutti», domenica era a Grozny per chiedere la liberazione di Oiub Titiev attivista dei diritti umani dell’Associazione Memorial arrestato qualche settimane fa con l’accusa – ben poco verosimile – di detenzione di stupefacenti.

Per Putin, più che un Navalny in evidente declino, paradossalmente inizia ad essere un problema l’inconsistenza degli altri candidati, che somigliano più a volonterosi sparring-partners che a combattivi avversari. La scorsa settimana, per esempio, il candidato comunista e boss del settore agro-alimentare Pavel Grudinin che aveva fatto della lotta contro la fuga di capitali nei paradisi fiscali un suo cavallo di battaglia, ha dovuto riconoscere a denti stretti di aver ben 5 conti all’estero.

QUELLO CHE SI TEME al Cremlino è che lo scarso appeal dei candidati abbia un effetto sulla partecipazione al voto. Il quotidiano Vedemosti sostiene che «Putin più che di una elezione ha bisogno di un’incoronazione».

Dopo le elezioni si porrà il problema ormai ineludibile della riforma fiscale. La flat-tax al 13% in vigore dal 2001 – che in Italia trova così tanti cultori – ha cessato da tempo di essere un volano per l’economia e al Cremlino si pensa di aumentare le aliquote e introdurre elementi di progressività. Il piccolo e medio business è già sul piede di guerra e anche per questo Putin ha bisogno di un plebiscito. «Senza un 70% di partecipazione, la sua coalizione politica rischia di sfaldarsi» dicono al quartier generale di Russia unita.