Flavio Giurato è un alieno nel panorama italiano dei cantautori, ora è impegnao in un tour di presentazione dell’ultimo disco, il sesto della sua carriera, Le promesse del mondo, – nove tracce uscite lo scorso autunno e prodotte da Guido Celli. L’artista romano è passato di recente a Bologna ed è stata l’occasione per un’intervista.

Ne «Le promesse del mondo» in copertina è disegnata una barca che se la passa male, pare alla deriva, in fiamme forse. Il naufragio è una condizione ineluttabile dell’attualità?

Il naufragio è condizione ineluttabile di ogni attualità che non sia salpata dal grande porto della Storia. L’attualità deve riferirsi alla Storia, deve rivisitarla, approfondire, conoscere. Il naufragio è evitabile, non c’è un’onda abbastanza potente da affondare una barca che non faccia acqua, ma ci sono barche dell’attualità che fanno acqua da tutte le parti. E ogni attualità diventa Storia se viene raccontata.

Che ne pensi della canzone politica?

In Italia non c’è la canzone politica perché la canzone politica è visceralmente legata alla lotta politica. Per trovare la canzone politica basta andare dove c’è qualcuno che alle due di notte ti bussa alla porta per dirti che dove stai dormendo non è più un luogo sicuro.

Il politico può essere poetico?

Il poetico, inteso non come aggettivo d’atmosfera, ma come qualità sostanziale, come «poesia» e non dell’arte in genere, è secondo me uno sforamento continuo dalle mappe del già conosciuto: misura e dismisura dalle topografie del linguaggio in prima istanza, dalle carte di navigazione del pensiero in seconda battuta. Per quanto mi riguarda, credo fermamente che la politica, cioè la presa in cura della polis, debba fare lo stesso, sforare continuamente il conosciuto e il riconosciuto, tendendo continuamente all’inconoscibile. Se oltre all’uso della metafora, che accomuna la scienza alla poesia, la scienza politica prendesse dalla poesia anche questa qualità di sforamento, di salpare senza un approdo sicuro dal solito porto, di allontanarsi dal recinto già agito, di fare perno sui corto circuiti e non sull’interruttore, potrebbe accadere l’impensato fino ad ora, ovvero che le promesse venissero finalmente mantenute. Il politico dovrebbe essere anche poetico per legge. Se così fosse, staremmo tutti meglio.

Sei poliglotta e indulgi spesso e volentieri al napoletano. Cosa puoi dirci in proposito?

Scelgo la lingua come scelgo la tonalità senza pensiero, d’istinto. Dipende da come e dove è connesso il cervello o da come e dove si è addormentato il cuore. Fra non molto uscirà un mio album tutto in inglese. Si chiamerà Recent happenings (I recenti avvenimenti). Lavoro senza vocabolario, la lingua bisogna conoscerla. Pensate a Conrad, uno dei più importanti scrittori in lingua inglese in epoca moderna: era polacco.

Come funziona per te la canzone perfetta?

La perfezione è come la carota davanti la bocca del cavallo da tiro. Non ci si arriva mai, ma nel frattempo hai arato per le sementi a venire.

Una canzone che vorresti aver scritto?

Madman across the water di Bernie Taupin ed Elton John.

«Non c’è niente di più concreto, di più tangibile della nostra ombra»: queste le prime parole del tuo nuovo lavoro. Per questo spesso sussurri, nei tuoi pezzi?

La nostra ombra sono le situazioni che rifiutiamo di prendere in considerazione, ma che ci seguono ovunque andiamo con la testa. Come i barconi con il loro carico. L’ombra è un’immagine potentissima perché si crea senza dispendio di energia, non costa nulla e garantisce vie di ricerca e analisi stupefacenti. Si può esprimere con il sussurro, ma anche con il grido.