Lo spread oscilla senza mai allontanarsi troppo dal confine dei 300 punti. Ieri ha chiuso a 298, alto ma lontano dall’area di massimo rischio. In compenso si è impennato il tasso dei Bot di un anno, segnale chiaro della paura di una crisi finanziaria a breve. Non poteva essere diversamente.

AL PLOTONE D’ESECUZIONE che aveva aperto il fuoco sul Nadef martedì si sono aggiunte ieri le voci più temute, quelle delle agenzie di rating. Mark Zandi, il capo economista di Moody’s, che emetterà il suo verdetto il 31 ottobre, avverte tramite intervista alla Stampa: «È logico aspettarsi che le preoccupazioni si riflettano sul rating». Fitch, che invece si esprimerà solo nel primo trimestre del 2019, si aggiunge in serata. Vede nei conti del governo e nell’aumento del deficit «rischi considerevoli in particolare dopo il 2019». Non crede alla crescita prevista dal governo anche se afferma che per il suo verdetto saranno decisivi «i dettagli e la messa in pratica della politica di bilancio».

La reazione del gruppo di testa del governo, reduce da un vertice sugli investimenti, è spavalda. «La promozione che mi interessa è quella degli imprenditori non di qualche burocrate», replica Salvini. A Di Maio invece, interessa «la promozione dei cittadini non delle agenzie», e anzi, essere bocciati da quelle «è un onore». Conte è schierato al 100% sulla stessa linea. L’incontro con le aziende di Stato sugli investimenti, assicura, è andato benissimo: «Stiamo parlando di 20,7 mld di investimenti per il prossimo triennio. Abbiamo convenuto con i manager delle partecipate che una diversa manovra avrebbe portato alla recessione».

AVANTI TUTTA dunque, anche sul vero nodo del contendere, la revisione della Fornero, convinti come sono il capo del governo e soprattutto i due vicepremier che «per ogni pensionato ci sarà una nuova assunzione». Ma la spacconeria è di facciata. La preoccupazione regna ovunque, nelle sedi delle istituzioni, a partire dalla più alta, il Colle, sino ai ministeri degli stessi ruggenti Salvini e Di Maio. Un eventuale downgrade delle agenzie di rating, soprattutto se accompagnato da outlook negativo, si ripercuoterebbe immediatamente sullo spread e da lì toccherebbe il vero punto nevralgico, le banche. Dunque tutti, anche la coppia di testa, capiscono che qualcosa all’Europa e alle istituzioni finanziarie bisognerà concedere. Ma il capitolo è ancora tutto in bianco, per quanto riguarda sia il limite sino al quale il governo intende spingersi sia la disponibilità della Ue e soprattutto della Bce ad accontentarsi di semplici rimaneggiamenti.

INEVITABILMENTE LO SPETTRO della crisi con l’Europa ha aleggiato nel pranzo di lavoro sul Colle, con i principali ministri presenti, in preparazione del Consiglio europeo del prossimo 18 ottobre. Il capitolo non era all’odg, ma il presidente ha ugualmente esortato a «ricercare e tenere aperto il dialogo con l’Europa». Del resto proprio la riunione del Consiglio a Bruxelles sarà la prima occasione per saggiare quanto fondate siano le speranze di Conte, la sua più volte conclamata fiducia nel fatto che al dunque l’Europa «si convincerà» della qualità della manovra e delle buone ragioni del governo italiano.

Non che qualcuno speri davvero in un ripensamento di Bruxelles, la cui posizione di drastico rifiuto è di fatto già stata esposta dall’Ufficio bilancio parlamentare, oltre che dalla Commissione. Si tratterà piuttosto di verificare se, tra i governi europei, l’Italia è isolata o se può contare su qualche appoggio e di sondare la disponibilità delle cancellerie europee ad accontentarsi di alcune modifiche senza affondare la spada sino all’elsa.

LA POSTA IN GIOCO È UNA SOLA: la revisione della legge Fornero. Tutto il resto la commissione, la Bce, l’Fmi, Bankitalia e probabilmente le stesse agenzie di rating potrebbero ingoiarlo, forse persino apprezzarne alcuni aspetti. In fondo misure affini al reddito di cittadinanza sono già presenti in quasi tutti i Paesi dell’Unione. Ma la Fornero non si deve toccare.

LO SPIRAGLIO DI TRIA è stato aperto nell’audizione di martedì di fronte alle commissioni Bilancio: tra un anno se ne potrebbe riparlare. Non che si tratti di una misura sperimentale, per carità. È strutturale, ma soggetta a modifica e a eventuali rimaneggiamenti tra un anno. Nel Def, poi, non c’è forse messo lì nero su bianco un elogio della riforma Fornero che potrebbe esserselo scritto da sola la professoressa tanto appare entusiasta? Ma che Europa e istituzioni finanziarie si accontentino è poco probabile. Difficile credere che un governo, dopo aver introdotto quota 100, possa poi rimangiarsela impunemente dopo un anno. La nuova prova del fuoco è attesa per oggi, quando il Def verrà presentato e votato dal Senato. Ma anche, con strumenti diversi e più contundenti, dai mercati.