Tutto come previsto: il premio Nobel per la fisica del 2017 è stato assegnato al tedesco Rainer Weiss e agli statunitensi Barry C. Barish e Kip S. Thorne. Si tratta dei fisici che nel corso di trent’anni hanno guidato la ricerca delle onde gravitazionali, coronata da successo nel 2016. Weiss, Barish e Thorne hanno progettato i sofisticati osservatori Ligo e Virgo (i primi negli Usa, il secondo a Pisa), in grado di rilevare le debolissime oscillazioni generate da eventi cosmici come le collisioni tra buchi neri.

LE LORO SCOPERTE hanno confermato le previsioni compiute da Einstein nel 1916 e hanno fornito una verificasperimentale della teoria della relatività generale. Per ottenerla, sin dal 1983 i tre fisici hanno diretto la realizzazione di tunnel lunghi quattro chilometri in cui l’oscillazione della traiettoria di un laser dovuta alle onde gravitazionali fosse abbastanza marcata da essere rilevabile. La prima perturbazione di questo tipo è stata captata nel settembre del 2015. Per la prima volta, era stata osservata direttamente un’onda gravitazionale generata da due buchi neri poco prima della loro fusione.
Einstein, dunque, aveva ragione quando un secolo fa aveva formulato una teoria della gravità alternativa a quella di Newton. Sir Isaac aveva spiegato l’attrazione tra le masse con una forza di attrazione a distanza, la cui legge fisica era in perfetto accordo con le osservazioni astronomiche dell’epoca. Invece, per Einstein ogni massa «curva» lo spazio-tempo circostante deviando le traiettorie dei corpi vicini come un sasso appoggiato su un telo teso ai bordi. I pianeti, secondo Einstein, orbitano non per l’attrazione di una forza, ma perché il loro percorso è «piegato» dalla massa del Sole.

LA TEORIA DI NEWTON e quella di Einstein sono sostanzialmente identiche sulla scala dei fenomeni con cui abbiamo a che fare quotidianamente, tanto che la fisica newtoniana (più semplice) è tuttora insegnata in ogni scuola e università. Per verificare l’esattezza della nuova teoria occorre esaminare fenomeni più esotici in cui le previsioni delle due teorie non coincidono. Il primo fenomeno riguarda la deviazione della luce, che secondo le leggi di Newton si muove in direzione rettilinea mentre per Einstein avrebbe dovuto essere deviata dalla curvatura dello spazio generata da una stella. Un’altra previsione einsteiniana riguardava l’esistenza delle onde gravitazionali: l’accelerazione di una massa molto grande avrebbe dovuto provocare un’oscillazione dello spazio osservabile anche sulla Terra, sotto forma di una piccola e temporanea variazione delle distanze tra gli oggetti.

La conferma della deflessione della luce giunse nel 1919 quando, sfruttando un’eclissi, l’astronomo Arthur Eddington dimostrò che la luce di una stella è deviata dalla massa solare. La caccia alle onde gravitazionali, invece, si è rivelata ben più ardua. Le oscillazioni sono talmente piccole che è quasi impossibile isolarle da altre fonti di vibrazione, dai terremoti alle onde sonore. Per due decenni, il lavoro degli scienziati si è concentrato nell’isolare gli osservatori dai rumori esterni con attenuatori di vibrazione sempre più efficienti. Inoltre, costruendo altri osservatori gemelli (due negli Usa e uno, Virgo, vicino Pisa) i ricercatori hanno potuto accertarsi che un segnale rilevato in tutti e tre i laboratori abbia necessariamente un’origine cosmica. Nell’ultimo anno, con questo sistema sono state rilevate quattro onde gravitazionali. L’ultima è stata annunciata proprio una settimana fa durante il G7 di Torino e rappresentò anche un riconoscimento pubblico al ruolo del nostro Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che nella collaborazione Ligo/Virgo svolge un ruolo primario.

IL PREMIO non è però il tributo postumo a una teoria ormai accettata. Al contrario, la possibilità di rilevare le onde gravitazionali apre ora una finestra nuova per l’astronomia, per risolvere il mistero della «materia oscura». Essa rappresenta la maggior parte della massa dell’Universo ma non emette onde elettromagnetiche, cioè la luce visibile, le onde radio, le microonde o i raggi x e gamma che possono essere rilevate negli osservatori tradizionali. I nuovi osservatori permetteranno di studiare anche questa porzione ancora ignota dell’Universo. L’impressione che la scienza abbia scoperto tutto il possibile è quanto mai sballata. La prossima rivoluzione scientifica è già iniziata.