Il Fiscal Compact è stupido, ma si rispetta. Matteo Renzi ha ribadito la sua posizione all’assemblea di Confindustria a Bergamo puntando tutto sulla «credibilità». «Non sforo il 3% ma comunque arrivo al 2,9% e libero 11,5 miliardi. L’Italia ne ha bisogno sui mercati Perché sono anni che a livello internazionale vedono cambiare i nostri governi su promesse che poi non mantengono». In cifre questo significa: una legge di stabilità, da varare entro il 15 ottobre, che è schizzata a 30 miliardi di euro dai 24 annunciati in precedenza, con una spending review record che è arrivata addirittura a quota 16 miliardi. «Non l’aveva mai fatta nessuno» ha precisato il premier. In effetti è vero, se i tagli fossero concentrati in un anno e seguissero un’agenda che, fino ad oggi, il governo si è ben guardato dal pubblicare. Attendendo che il commissario Cottarelli tornasse al Fondo Monetario Internazionale senza mai avere pubblicato gli esiti del suo lavoro.
«In questa legge di stabilità libereremo spazi di patto per i Comuni per un miliardo» ha aggiunto il premier che ha anche annunciato la riduzione di 18 miliardi di euro in tasse, mentre «mezzo miliardo andrà in detrazioni fiscali per le famiglie». «Andremo a intervenire e rendere fissi gli 80 euro; le imprese che nel 2015 assumeranno a tempo indeterminato non pagheranno i contributi per tre anni».

La reazione a queste esternazioni è stata di incredulità. Perché le cifre sono molto più alte di quelle fino ad oggi conosciute e dovranno anche servire per coprire la spesa per gli ammortizzatori sociali rimodulati nel Jobs act. In più non c’è alcuna certezza sulle coperture.

L’audizione del vicedirettore di Bankitalia Luigi Federico Signorini alla Camera di ieri è stata tutto un programma. Renzi, infatti, non solo non dice dove prenderà i soldi, ma sembra essere convinto che la Commissione Europea accetterà il rinvio del pareggio di bilancio al 2017. Così non è per Bankitalia: «L’ammissibilità della deviazione dal sentiero di avvicinamento al pareggio di bilancio strutturale non è scontata e rifletterà l’interpretazione delle regole da parte delle istituzioni coinvolte: Parlamento, Commissione europea, Consiglio Ue.

«Il rallentamento nel processo di riequilibrio – ha spiegato Signorini – può aiutare ad evitare una spirale recessiva», mentre l’aumento del debito pubblico che continuerà anche nel 2015 «si giustifica se i margini di manovra sono utilizzati per rilanciare la crescita». Una crescita che rischia però di restare sotto lo zero (-0,3%), confermando la continuità della recessione. Tutti gli auspici del governo, che nel Def di aprile aveva fissato l’asticella allo 0,8%, rischiano di andare in rovina. Non molto diversamente andrà anche l’anno prossimo.

In queste condizioni tagliare le tasse è pura utopia, anche perché il governo o gli enti locali saranno costretti ad aumentarle altrove, mentre la spending review sarà più aggressiva: Renzi sembra volere tagliare 1.170 miliardi di euro all’istruzione, 2.200 al ministero del lavoro ad esempio. Proprio quei dicasteri impegnati in riforme impegnative o assunzioni di massa per le quali occorrono risorse ingenti.

Per BankItalia la ricetta non cambia. Pur avendo ridotto le stime per la crescita nel Def, il governo dovrà continuare con le privatizzazioni, una strada da percorrere «con decisione». Il problema è che tutto questo sforzo nel tagliare non corrisponderà quasi certamente a un ritorno degli investimenti.

Le critiche “istituzionali” ai numeri in libertà di Renzi ieri non si sono fermate a Via Nazionale. Ci si è messa anche la Corte dei conti in un’altra audizione alla Camera. Per la Corte il Def è stato cambiato dal governo in ragione della «gravità della condizione recessiva» e la scelta di agire in disavanzo fino al 2017 è «da operare con attenzione sia in rapporto al fiscal compact Ue sia in rapporto alle regole sul pareggio inserite in Costituzione» ha avvertito il presidente Raffaele Squitieri.

Il mistero dei numeri resta fitto. il governo rischia qualcosa di inedito: la bocciatura della manovra da parte della commissione e la richiesta di modificare la Finanziaria entro fine ottobre.