Professor Lorenzo Fioramonti, possibile ministro o viceministro dello Sviluppo economico, lei ha scritto più volte su Il Manifesto come commentatore. Da uomo di sinistra cosa direbbe ai nostri lettori che hanno votato M5s e che ora sono inorriditi da un’alleanza con la Lega?

Vengo dalla vostra famiglia. E proprio per questo, assieme ad alcuni che hanno gli stessi ideali, abbiamo cercato di trattare con il Pd per un contratto più progressista. Purtroppo la politica italiana non ha più l’impostazione sociale di un tempo e ora la Lega su molte tematiche è più propensa alla resistenza alla globalizzazione e al liberismo delle forze che si considerano di centrosinistra.

Il contratto di governo però su molte questioni è totalmente sbilanciato a destra…

Sulle questioni dello sviluppo io penso invece che il compromesso raggiunto sia molto positivo nell’interesse dei lavoratori, delle piccole imprese e soprattutto dell’ambiente: non c’è mai stato un programma così progressista su temi come l’acqua pubblica e il risanamento.

Con la Lega avete idee opposte sulle opere pubbliche, a partire dal Tav, tema sul quale le critiche arrivano anche da dentro il Movimento.

Il contratto è già una mediazione ma personalmente lo considero un prezioso sforzo in tema di infrastrutture. Sulla Tav c’è scritto nero su bianco di rivedere il progetto, mentre altre opere potrebbero essere più accettabili.

Era all’assemblea generale di Confindustria, le saranno fischiate le orecchie…

Ero in seconda fila e ho ascoltato insulti verso le nostre proposte.

Dal ministro Calenda o dal presidente Boccia?

Calenda è ormai un ex ministro che si candida alla segreteria del Pd e quindi di lui poco mi interessa. Da Boccia invece ho sentito insulti verso le nostre proposte, posizioni che creeranno problemi con loro.

Passiamo all’Ilva. Da giorni Calenda e molta stampa sostengono che voi vogliate «chiudere Taranto e lasciare per strada 20mila lavoratori». Cerchiamo di fare chiarezza, anche gli operai di Cornigliano a Genova sono dubbiosi.

Nessuna chiusura, nessuno per la strada. Ai lavoratori, sia di Taranto che degli altri stabilimenti, voglio dire con chiarezza che assicureremo, se serve anche per decreto, continuità lavorativa e salariale, quella che per ora Mittal non assicura visto che prevede 4mila esuberi. In più posso assicurare, come ho già fatto lunedì ai sindacati di Taranto, che ogni decisione sul futuro di Ilva sarà presa in condivisione con i lavoratori e i cittadini.

Voi però avete un piano che prevede la riconversione dell’acciaieria di Taranto. Ci spiega qual è nel dettaglio?

Guardi, abbiamo semplicemente messo sul tavolo questa possibilità e la discuteremo coi sindacati. Di esempi di riconversioni in giro per il mondo ce ne sono molte – Pittsburg, Bilbao, vari in Germania – in alcuni casi si è continuato a produrre acciaio. In questi mesi la politica ha voluto far apparire risolta una questione che non lo è assolutamente per il gruppo Ilva e ancor di più a Taranto dove c’è una situazione ai limiti della legalità, se non fuori. La magistratura ha parlato di «disastro ambientale» e nell’accordo con Mittal si prevede l’immunità penale fino al 2023 o al compimento del piano ambientale: una sorta di extraterritorialità.

Sta dicendo che appena al governo farete un decreto con una nuova e più stringente Autorizzazione integrata ambientale?

È indispensabile, lo dico prima di tutto come cittadino. Noi crediamo che i decreti del governo Renzi siano incostituzionali ma di certo interverremo per togliere l’immunità penale e garantire livelli ambientali consoni al quartiere Tamburi.

Mittal però da fine giugno potrebbe decidere di andare avanti da sola come legittimo proprietario.

Penso farebbe molta fatica senza l’accordo sindacale che comunque non è una condizione sine qua non. Detto questo, incontreremo Mittal e cercheremo di capire il loro piano industriale, finora a noi e ai sindacati ben poco chiaro.

La decarbonizzazione che il presidente della Puglia Emiliano propone da tempo è una via percorribile?

Non so se Mittal sia d’accordo, ma è una possibilità, l’importante è garantire la salute dei lavoratori e dei cittadini.

Se Mittal si chiama fuori dovrete nazionalizzare. Come motiverete la decisione alla commissione Europea?

La bonifica va fatta, è un percorso obbligato. Potremmo anche proseguire con l’attuale amministrazione commissariale, cambiandone i componenti che si sono intascati milioni di soldi pubblici. Alla Ue chiederemo di accedere ai fondi per l’adeguamento alla globalizzazione (Feg).