L’extrema ratio per correggere l’accordo sulla rappresentanza potrebbe essere «il metodo Fiat»: ovvero rivolgersi, come è accaduto nel contrasto con Marchionne, a un giudice. Si potrebbe verificare cioè che la Fiom porti in tribunale la Cgil, citando estremi di incostituzionalità: ma attenzione, è appunto l’extrema ratio e non è detto che avvenga mai. Ieri d’altronde la guerra in atto tra Susanna Camusso e Maurizio Landini sembra esserzi smorzata, dopo che la segretaria della Cgil ha teso la mano al leader della Fiom affermando in un’intervista alla Repubblica di essere disponibile a far votare la contestata intesa: ma nelle sue intenzioni, il referendum si dovrebbe effettuare dopo la fine del congresso e soprattutto facendo votare tutti gli iscritti alla Cgil, dai lavoratori del pubblico impiego ai pensionati, ovvero anche chi non è interessato al testo concordato con Confindustria, Cisl e Uil.

Ma andiamo per ordine, e vediamo cosa è successo. Nella sua intervista, Camusso ha appunto spiegato che già oggi, in realtà, quell’accordo si sta votando, sotto forma di ordine del giorno, in coda alle assemblee del congresso. Ma è una modalità che a Maurizio Landini non piace: non solo perché questa votazione non avviene in tutte le assemblee, ma soprattutto perché la Fiom si trova schiacciata tra il dover prima sostenere il documento congressuale in cui è alleata con Camusso (quello di maggioranza), contro i «cremaschiani», e subito dopo a dover attaccare la stessa Cgil come «anti-democratica» al momento della discussione sull’accordo con Confindustria. Contraddizione su cui ha buon gioco lo stesso Cremaschi, per quanto le sue percentuali siano piuttosto basse nella confederazione.

Ecco dunque l’offerta di Camusso, discussa ieri a Bologna dallo stesso Landini, insieme alla consulta giuridica della Fiom che proprio ieri teneva un convegno sull’accordo: «La segreteria proporrà al Direttivo – ha spiegato la segretaria – di tornare al voto degli iscritti. Sarà un voto sul testo unico ma anche sul nostro modello sindacale. E una volta espresso non ci saranno più alibi».

Il riferimento più generale al «modello sindacale» non è affatto casuale: Camusso infatti rimprovera a Landini il mancato rispetto del «vincolo di appartenenza», dopo che quest’ultimo ha minacciato di non applicare l’intesa con Confindustria nonostante l’approvazione del Direttivo, per il fatto che non era stata messa al voto di tutti i lavoratori. E proprio sull’equilibrio tra autonomia delle categorie e potere superiore della confederazione si gioca l’attuale conflitto tra la Fiom e la Cgil.

Camusso ha accettato tra l’altro di svolgere, come era stato richiesto da Landini, una sessione congiunta del comitato centrale della Fiom insieme alla segreteria Cgil: la data per il confronto è fissata per il 26 o 27 febbraio. Dunque bisognerà capire: 1) come si voterà, e quando. Landini infatti continua a sostenere che dovrebbero votare solo i lavoratori interessati all’accordo (ovvero solo quelli dell’industria), e terrebbe a far svolgere questa votazione durante il congresso, ma sospendendolo per una settimana (punto quest’ultimo a cui potrebbe forse rinunciare, nell’ottica di un compromesso); 2) Cosa succederà a seconda di chi vincerà: a) Se vincesse Landini la Cgil dovrebbe ritirare la sua firma. b) Se vincesse Camusso, la Fiom dovrebbe accettare l’accordo: ma non è detto che finisca qui.

Ovviamente in quest’ultimo caso l’accordo verrebbe subito applicato, anche dalla Fiom, ma non si esclude che ravvisando ancora degli aspetti di incostituzionalità, il sindacato guidato da Landini non possa comunque portare quel testo davanti a un giudice. A spiegare le principali «falle» è Piergiovanni Alleva, della consulta giuridica Fiom: «Ci sono almeno due punti possibilmente incostituzionali – dice – Il primo è l’accordo ad excludendum ai danni dei sindacati non confederali, esclusI di fatto dalla contrattazione: e nella sentenza Fiat la Corte costituzionale ha già sanzionato questo tipo di intese. Poi c’è l’assurdo che le Rsu validerebbero contratti aziendali valevoli per tutti». Essendo questo un semplice accordo e non una legge, non c’è bisogno di arrivare alla Corte costituzionale: basta la sentenza di incostituzionalità emessa da un qualsiasi giudice a cancellare la validità di alcune sue parti, spiega il giurista.

Per ora non siamo ovviamente a questo punto, e la Fiom ha accettato la via «diplomatica», la ricerca di un accordo politico con Camusso. La stessa segretaria, ieri, ribadiva di non avere «mai pensato a interventi disciplinari» e che la sua richiesta al Collegio statutario in merito a possibili sanzioni, era solo la volontà di «porre un problema politico».

Quindi ora si andrà a tentare di emendare l’accordo, ipotizza lo stesso Alleva, «in una futura legge». Legge che però Cisl, Uil e Confindustria non vogliono, e che potrebbe scaturire solo da un forte accordo politico tra Landini e Matteo Renzi: ma dovrebbe essere talmente forte da scavalcare avversari piuttosto forti.

E dunque, che via diplomatica sia: e se dovesse precipitare tutto, potremmo vedere la Fiom che cita davanti al giudice la Cgil, o (forse più facilmente), una Fiom che si avvantaggia di cause intentate dai sindacati di base, peraltro già annunciate.