Il nuovo modello Marchionne non trova ostacoli. Continua ad allargarsi nel silenzio quasi generale, mettendo a repentaglio il diritto di sciopero e l’idea stessa di contrattazione. Pronto per diventare un esempio da seguire per tutto il mondo imprenditoriale e politico. Tanto da venir celebrato direttamente da Renzi.

Mentre i sindacati firmatari non battono ciglio e festeggiano il bonus da 82 euro medi di maggio slegato dal salario base, mentre in Turchia (non in Italia) viene lanciata da nuova berlina Aegeo, giovedì prossimo il presidente del consiglio farà visita a Melfi, stabilimento cavia del nuovo corso globale della Fca: produce Suv per gli States, assunzioni col Jobs act (sebbene meno di quelle promesse e con sensibili rinunce), 20 turni settimanali, team leader a dettare legge sugli operai.

Lo stabilimento lucano in realtà porta male a presidenti del consiglio: l’ultimo ad esserci andato giubilando – ricambiato – la strategia di Marchionne fu Mario Monti durante la rovinosa campagna elettorale del 2013.

Il quadro appare granitico. Un successo su tutta la linea per il manager canado-abruzzese. Analizzando meglio però le crepe ci sono. E ben visibili.
La più evidente riguarda le prime elezioni libere dell’era Marchionne. Quelle per gli Rls – rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza – che si stanno tenendo nei vari stabilimenti. Il primo risultato ha visto vincere la Fiom alla Maserati di Modena. Un campanello d’allarme per azienda e altri sindacati che continuano a fare di tutto pur di escludere i metallurgici della Cgil dagli incontri e dalle altre elezioni, nonostante la sentenza della Corte Costituzionale.

«Siamo di fronte ad una sorta di apartheid – spiega Michele De Palma, responsabile auto della Fiom – che ora paradossalmente è più dovuta alla volontà di escluderci degli altri sindacati che dell’azienda: Marchionne sa che in molti stabilimenti senza di noi non può governare le fabbriche. E così alla Cnhi di Brescia siamo tornati al tavolo della trattativa. E a Cassino abbiamo firmato l’accordo sulla cassa integrazione. Ma finché non ci sarà una legge della rappresentanza che preveda come tutti i sindacati rappresentativi debbano partecipare alle trattative aziendali, l’azienda e Fim, Uilm, Uglm, Fismic e Associazione quadri potranno continuare a farci fare incontri separati».

Quanto al nuovo contratto Fca le critiche della Fiom sono durissime. «Rappresenta un nuovo grave passo sulla strada avviata con la firma del 2011. Dopo anni di cassa integrazione e di sacrifici salariali è stato definito un sistema di premi, che però vengono elargiti dall’azienda senza incidere sulla paga base, su Tfr, straordinari, indennità di turno e tredicesima». La parte sul diritto di sciopero – ancora non sottoscritta – prevede che possa essere indetto solo con un voto della maggioranza degli Rsa nazionali. Un testo «che mina uno dei diritti fondamentali che la nostra Costituzione assicura alle lavoratrici e ai lavoratori», attacca De Palma, mentre l’estensione dei 20 turni di Melfi porterebbe «a lavorare anche 50 ore in una sola settimana – peggiorando pesantemente le condizioni di vita delle persone – e togliendo qualunque potere negoziale sull’orario di lavoro».