Otto ore di sciopero in tutto il gruppo Leonardo e manifestazione nazionale a Roma (ore 11 piazza Montegrappa) sono stati proclamati per domani da Fiom e Uilm. La Fim invece ha scelto di scioperare solo nei siti del comparto Aerostrutture. La divisione tra sindacati rispecchia due interpretazioni differenti su quanto sta accadendo nel colosso controllato dal Mef. Giovedì l’azienda ha comunicato che dal 3 gennaio scatteranno 13 settimane di cassa integrazione ordinaria a zero ore per 3.443 dipendenti «a causa di una temporanea situazione di mercato». La cigo riguarderà 1.174 lavoratori dello stabilimento di Pomigliano d’Arco e 430 di Nola in provincia di Napoli più 1.049 di Grottaglie in provincia di Taranto e 790 di Foggia. I quattro siti si occupano della costruzione di parti di velivoli civili e la Fim ritiene che la protesta debba riguardare solo questo comparto.

Il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, allarga il perimetro del problema: «L’aeronautica civile soffre a causa di mancate scelte industriali, non solo per la pandemia. Non possiamo accettare il disinteresse del governo. A questo si aggiunge la mancanza di una visione da parte di un gruppo che, per fare cassa, prima ha venduto Breda e Sts ai giapponesi di Hitachi, oltre ad Ansaldo Energia, ora ha messo sul mercato asset come Bu sistemi di difesa (ex Oto Melara e Wass, 1.500 dipendenti circa tra La Spezia, Brescia, Livorno e Pozzuoli ndr) e la parte dell’Automazione». Claudio Gonzato, coordinatore per la Fiom del settore aerospazio e difesa: «Lo sciopero è nei confronti dell’azienda ma anche del governo, che emana l’amministratore delegato. Chiediamo di essere coinvolti, capire cosa pensa il governo della riorganizzazione in atto, quali sono le possibilità legate al Pnrr che posso riguardare un grosso pezzo di industria pubblica italiana».

La ristrutturazione voluta dall’allora ad Mauro Moretti ha destinato la maggior parte delle produzioni legate al settore militare (più redditizio) al Nord e il civile al Sud, concentrando qui le criticità. A Pomigliano si producono le fusoliere dell’Atr (l’unico aereo proprietario che Leonardo ha, in consorzio con la francese Airbus, assemblato a Tolosa), componenti per Boeing e Airbus oltre a ospitare l’Aerotech campus, il laboratorio progettuale in collaborazione con l’università Federico II. A Nola e Foggia si producono pezzi di fusoliera per Boeing ed Airbus. A Grottaglie si realizzano parti della fusoliera del Boeing 787, aereo intercontinentale che più ha sofferto per la crisi Covid: da 14 serie al mese sono scesi a 2. È lo stabilimento con più criticità anche perché lavora in esclusiva per Boeing.

Spiega Rosario Rappa, segretario generale Fiom Napoli: «I concorrenti crescono mentre assistiamo a una riduzione del perimetro di Leonardo. Temiamo che l’azienda voglia ridurre gli occupati nel comparto aerostrutture da 5mila a 4mila attraverso 500 prepensionamenti al Sud (soprattutto a Pomigliano, dove l’età media è alta) e 500 trasferimenti in altre divisioni del gruppo». Non è l’unico motivo di preoccupazione. La cessione dell’ex Wass coinvolge 4 siti, uno nel napoletano.

E poi c’è l’allarme per la divisione Elettronica: «L’ad Alessandro Profumo – prosegue Rappa – ha annunciato agli investitori l’intenzione di chiudere 15 siti del comparto, che ne conta tre in Campania. Si annunciano dismissioni mentre salgono i carichi di lavoro: negli stabilimenti di Giugliano e Fusaro dovevano essere fatte assunzioni ma hanno invece assorbito esuberi da aerostrutture, i carichi di lavoro aggiuntivi sono stati spostati da Giugliano in Toscana. È evidente che la divisione del gruppo non funziona e serve solo a scaricare le difficoltà al Sud. Vogliamo che la gestione sia unica, vogliamo sapere cosa vuole fare l’azienda e il governo per i siti del Mezzogiorno».