Sciopero, anzi scioperi. Oggi a Milano sfila mezza Italia metalmeccanica (l’altra metà sfilerà a Napoli venerdì prossimo 21 novembre). Sono otto ore di sciopero proclamato dalla Fiom in tutte le aziende del centro nord (Valle d’Aosta, Trentino, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia e Toscana). Gli operai ce l’hanno con Matteo Renzi, tanto per sintetizzare la piattaforma di uno sciopero che non si limita a contrastare la filosofia regressiva del job act ma chiede anche “legalità, uguaglianza, democrazia e diritti per tutti”. Un manifesto (quasi) politico che ha raccolto l’adesione di ciò che resta della sinistra milanese, e che non dispiace ai sindacati di base e ai “movimenti” che contemporaneamente si ritrovano in un’altra piazza per lo sciopero sociale (largo Cairoli).

La manifestazione della Fiom, invece, parte alle 9,30 da Porta Venezia e si conclude in piazza Duomo, con gli interventi di Maurizio Landini e di Susanna Camusso,

Il segretario generale della Cgil approfitterà della piazza più calda per alzare il tiro in vista dello sciopero generale del 5 dicembre. Ma anche per rispondere alle ironie dei “renziani” sullo “sciopero ponte” e per replicare al prevedibilissimo attacco della Cisl che “non ci pensa nemmeno” ad incrociare le braccia con la Cgil.

“Davvero ci sarebbe bisogno di un bagno di realtà – ha ribattuto ieri Susanna Camusso – da parte dei tanti che parlano e pensano a un mondo nel quale il lavoro sarebbe tutto quanto strutturato tra il lunedì e il venerdì e la gente è entusiasta di preparare ed andarsene per il week end. Basterebbe guardare le statistiche delle ferie estive per realizzare che si racconta un mondo che non c’è”. Per Susanna Camusso, quelli che fanno queste affermazioni “sono gli stessi che in parlamento hanno votato le leggi sull’obbligo di apertura domenicale, forse è bene che si ricordino di quello che fanno”. E ancora: i renziani che ironizzano “dimostrano che non conoscono proprio più come è fatto il mondo del lavoro”. Ben detto, in maniera fin troppo garbata, anche se forse non ci volevano due twitter poco simpatici per giungere alla conclusione che il Pd non è più un partito che sta con i lavoratori.

Ma l’attacco più duro, anche se la Cgil è più sensibile al “fuoco amico” del Pd, arriva da Annamaria Furlan. Il neo segretario generale della Cisl si è sfogata a margine del consiglio generale della Fim. “Ricordo riforme pensionistiche e ben altre finanziarie lacrime e sangue – ha attaccato – di fronte alle quali si è scelto unitariamente di non scioperare”. Come dire che il fronte sindacale lo ha rotto la Cgil. E ancora: “Lo sciopero è solo della Cgil, l’ha proclamato la Camusso. Noi non ci saremo, non ci pensiamo nemmeno: non è lo strumento adatto. Ancora una volta la Cgil per fare il suo accordo interno ha diviso i lavoratori e le lavoratrici italiane. Questa è la responsabilità che si assume, non è la prima volta che sciopera da sola”. La replica è ferma ma non stizzita. “E’ noto che il mondo del lavoro più è unito e più è forte – ha detto Camusso – dopodiché la vera debolezza penso sia il fatto che non si reagisca di fronte a scelte che manterrebbero il paese in una condizione di recessione e di attacco ai diritti del lavoro. La scelta che abbiamo fatto tiene conto della nostra idea che bisogna respingere il tentativo di dividere sistematicamente il mondo del lavoro. Decida la Cisl se contrastare questa riforma o subirla”.

Schermaglie sindacali. Fortunatamente la piazza milanese, anzi le piazze, oggi diranno anche altro. Per esempio, se sarà mai possibile la convergenza di lotte sociali che pur andando confusamente nella stessa direzione ancora non riescono ad accumulare la forza per generare un unico percorso politico (possibilmente con una certa urgenza). Perché oggi non sciopera solo la Fiom. Ci saranno diverse manifestazioni (in tutta Italia) e altrettante azioni a sorpresa che dureranno tutta la giornata nell’ambito della prima giornata di “sciopero sociale”.

Un azzardo necessario. Un esperimento lanciato dai sindacati di base (Cub, Cobas, Usi, Usb, Si,Cobas) e da diversii settori del “movimento” con l’obiettivo di coinvolgere tutte le persone che in qualche modo si sentono sfruttate senza avere nemmeno una sponda sindacale o politica che bene (o male) sia in grado di rappresentarle: precari, disoccupati, senza casa, stagisti, universitari, studenti delle superiori, nuovi e vecchi poveri, migranti, solitudini.

La strada da fare è molta e non sarà facile percorrerla insieme. A Milano, in largo Cairoli (ore 9,30), il tentativo prende la forma di un corteo diviso in due: da una parte i sindacati di base più “sintonizzati” sul job act, dall’altra gli studenti e gli attivisti contro la “buona scuola” del governo Renzi e contro l’Expo, il paradigma della fine del lavoro retribuito. Saranno mobilitazioni a tappe sparse per la città, trovare il filo del discorso non è facile. Ma è necessario.