«Quello che il governo non è riuscito a fare nonostante le parole spese a gogo in questi giorni è costringere al tavolo chi ha davvero in mano la vertenza di Riva di Chieri: non tanto l’Embraco, ma piuttosto l’azienda che ne detiene l’intero controllo societario, cioè la Whirlpool». Federico Bellono, segretario della Fiom Cgil torinese, spiega che per tentare una soluzione «si sarebbe dovuto insistere sul gruppo Usa degli elettrodomestici, richiamarlo alle sue responsabilità».

A vostro parere, cioè, non sono bastati gli incontri del ministro Calenda con l’Embraco. Di fatto, non potevano bastare.

Se la Embraco chiude a Riva di Chieri, con l’Italia non ha più nulla a che fare. La Whirlpool, al contrario, ha diversi stabilimenti nel nostro Paese: il governo avrebbe dovuto agire su questa leva. Abbiamo insistito, ma l’esecutivo non è stato in grado, o forse non ha voluto, svolgere una iniziativa forte nei confronti della multinazionale Usa.

Embraco però ha avanzato una sua proposta: perché l’avete giudicata «irricevibile»?

Intanto questa proposta non ci è stata mai formalizzata, si è fermata già a un primo confronto con il governo. Ed è irricevibile per almeno due motivi. Innanzitutto non è conveniente economicamente per i lavoratori. E poi perché dimostra che il vero obiettivo dell’azienda non è impegnarsi in un serio piano di reindustrializzazione, ma traccheggiare qualche mese per poi abbandonare tutto definitivamente. E il ministro, giustamente, ha invece fatto notare che un piano di reindustrializzazione richiede un impegno fino a conseguimento degli obiettivi.

Il piano sarebbe stato troppo costoso? O forse non c’erano aziende interessate a rilevare?

Il governo avrebbe potuto concedere la cassa straordinaria fino a fine anno, ma prima l’Embraco avrebbe dovuto revocare i licenziamenti. Sia l’azienda informalmente, che lo stesso ministro, hanno dichiarato che soggetti interessati ce ne sarebbero. Ma è l’Embraco – o la Whirlpool – a non volere imbarcarsi in una via rischiosa: è più semplice licenziare e andare subito in Slovacchia, dove il lavoro costa meno.

Ma quindi l’iniziativa del ministro Calenda, che vola a Bruxelles proprio per porre il problema del dumping che fa la Slovacchia ai nostri danni dentro la Ue, ha un qualche senso?

Ha assolutamente senso, certo, ma sul lungo termine. Il problema specifico di Embraco è che la vertenza ha i tempi molto contingentati: la procedura scade a fine marzo, e tra due settimane ci sono le elezioni. Non ci stiamo con le scadenze.