Fu lo sponsor con cui Marco Pantani vinse il Giro e il Tour nel 1998. La Mercatone Uno – scritta blu e rossa su sfondo giallo – da ieri non esiste più. Dopo anni di agonia, «l’attività di impresa» è stata sospesa dal tribunale di Bologna. È stato infatti raggiunto il limite di 4 anni e 6 mesi di amministrazione straordinaria dovuta al secondo fallimento della storica ditta fondata a Imola da Romano Cenni e nel 2018 ceduta al fondo italo-maltese Shernon Holding, guidato da Valdero Rigoni.

QUASI DIECI ANNI DI AGONIA – il primo accordo di mobilità incentivata è del 2011 – con uno strascico ancora lungo di procedimenti penali che hanno già coinvolto i figli e i soci del patron – scomparso nel marzo 2017 – e ora la gestione Shernon con grandi ombre sulla vendita a Rigoni.
Mercatone Uno a cavallo del millennio era ancora un gigante dell’arredamento. Poi la caduta dovuta sicuramente alla concorrenza di Ikea, ma acuita da una conduzione manageriale fallimentare. Ancora nel 2018 i dipendenti erano oltre 3 mila. Dopo il fallimento di Shernon – arrivato a maggio 2019 con la comunicazione della chiusura dei punti vendita arrivata via whatsapp ai lavoratori la mattina stessa -, la gestione commissariale ha ceduto una ventina dei 55 punti vendita a varie società – Cosmo Globo nelle calzature, Rica Gest negli accessori casa e A&V (proprietà italo-cinese) nell’abbigliamento) – portando alla ricollocazione però di sole poche centinaia di lavoratori, buona parte poi ancora in cassa integrazione per ristrutturazione. E così ben 1.333 lavoratori da martedì 24 saranno ufficialmente per la strada, potendo però accedere a 12 mesi di cassa integrazione straordinaria per «cessazione di attività» – norma reintrodotta nel decreto Genova del 2019, ovviando alla scandalosa abolizione della causale prevista dal Jobs act renziano.

LA SACROSANTA TUTELA per i lavoratori non lenisce la rabbia dei sindacati per come la vertenza è stata gestita in questi lunghi anni. «La vicenda Mercatone Uno è l’emblema di come funziona la nostra economia e della mancanza di capacità di investimento – denuncia Sabina Bigazzi della Filcams Cgil nazionale – . Mercatone Uno poteva essere salvata, sarebbe bastato un investitore minimamente coscienzioso per dare dignità a migliaia di lavoratori. Da parte nostra continueremo a chiedere giustizia e di indagare sulla vendita a Shernon: a noi bastò una semplice visura camerale per capire che non si trattava di un gruppo minimamente solido, ma il Mise dell’epoca e i fornitori accettarono il passaggio». Per la segretaria nazionale della Fisascat Cisl Aurora Blanca la vertenza Mercatone Uno è «una brutta pagina di storia anche per quanto attiene il ruolo delle istituzioni» e, pur considerando «importante» l’accordo raggiunto ritiene questo «solo un punto dal quale partire affinchè vi sia un concreto assorbimento e concrete prospettive per i lavoratori e le loro famiglie. La vicenda sia da monito affinchè non abbiano a ripetersi episodi di questa natura».

A febbraio scorso il tribunale di Bologna aveva assolto le tre figlie del patron Romano Cenni dal reato di bancarotta per diverse operazioni societarie, fatte tra il 2005 e il 2013, per depauperare l’azienda, arrivando a sottrarre nel tempo 300 milioni alla società, che poi entrò in amministrazione straordinaria. A processo serano finite le figlie Susanna, Elisabetta e Micaela, l’ex amministratore Giovanni Beccari, l’ex consigliere Ilaro Ghiselli e Gianluca Valentini, figlio di Luigi, altro fondatore del gruppo.