Alla fine è riuscito a incassare la solidarietà da tutta la destra italiana, da Casa Pound passando per Storace e Alemmanno, per finire con gli stessi leghisti, primo tra tutti Calderoli che ha chiesto di rispondere occhio per occhio alla violenza. E’ finito così il blitz elettorale di Matteo Salvini a Bologna, con tanta tanta visibilità mediatica per il numero uno del Carroccio. In città per visitare un campo Sinti e chiederne la chiusura, il leader leghista nel campo di via Erbosa alla periferia di Bologna non ci ha nemmeno messo piede, atteso com’era da 200 manifestanti pronti alla contestazione. Ha invece preferito una conferenza stampa nelle vicinanze. Lì è stato individuato da una decina di attivisti dei centri sociali. «Non potevo fare altro che fuggire, stavano correndo verso di noi con le cinghie», ha spiegato Salvini che è stato costretto a chiudersi in auto e a ordinare all’autista la fuga. Raggiunta e circondata da alcuni attivisti, l’automobile ha nella sua corsa investito almeno due contestatori, per fortuna senza causare serie ferite. Un terzo, balzato sul cofano quando ancora il mezzo era fermo, è stata trasportato in velocità per alcuni metri mentre altri manifestanti fracassavano il lunotto posteriore dell’auto.

Una situazione che Salvini ha sintetizzato su facebook così: «I balordi dei centri sociali hanno distrutto la nostra macchina, prima ancora che ci avvicinassimo al Campo Rom. Noi stiamo bene. Bastardi«. E poi ha aggiunto: «Se questo è la Bologna democratica e accogliente, dobbiamo liberarla». Per Salvini pochi secondi di parapiglia, due conferenze stampa e poi via verso una nuova iniziativa elettorale nel centro Italia.

Differente la versione degli attivisti che hanno tentato di fermare l’auto del leader leghista, da loro accusato di essere razzista e fascista. «Salvini è indesiderato e noi abbiamo fermato la sua auto per fargli capire che in città non lo vogliamo. Abbiamo reagito solo dopo essere stati investiti, e questo lo rivendichiamo», ha dichiarato Loris, attivista del collettivo Hobo e visibilmente zoppicante dopo essere stato investito. Almeno tre manifestanti lamentano ferite lievi. Sta molto peggio invece Enrico Barbetti, cronista del Resto del Carlino che in serata è stato picchiato e preso a calci. Soccorso e portato al pronto soccorso, si è rotto il gomito sinistro. Il cronista è stato prima insultato, e al termine della manifestazione pedinato e aggredito per due volte da una quindicina di persone presenti al presidio anti Lega.

Poi ci sono le reazioni politiche. Condanna la violenza il Pd, che però punta il dito contro la strumentalizzazione leghista. «Condanno l’atto violento ai danni dell’europarlamentare Matteo Salvini ed esprimo solidarietà e vicinanza alle persone rimaste contuse – dice in una nota il sindaco di Bologna Virginio Merola – Vorrei però che le campagne elettorali fossero libere da gesti e azioni che possano provocare tensioni e scontri che ricadono ingiustamente sulla nostra città». «Io la violenza la condanno sempre, da qualunque parte venga – ha dichiarato il deputato Giovanni Paglia di Sel – Deve però essere chiaro che stamattina a Bologna le violenze sono state due. Una di chi ha preso una macchina a calci e pugni. L’altra di chi da mesi alimenta ogni giorno una campagna d’odio contro tutte le minoranze di questo Paese, al solo e unico scopo di trarne vantaggio elettorale. Quale delle due sia più grave a me appare molto chiaro, e soprattutto non sono più disposto a discutere della prima con chi consideri la seconda una legittima opinione».

E poi c’è l’assessore al welfare del Comune di Bologna Amelia Frascaroli, che critica duramente leghisti e antagonisti. «Hanno scelto una strada proprio sbagliata, nella mancanza assoluta di rispetto delle persone che vivono al campo e delle conseguenze che possono cadere su di loro, se non altro come clima generale. Perché poi la gente fa presto a tradurre le cose colpevolizzando sempre le parti più deboli». Salvini intanto ha annunciato che tornerà in città: «Io mi confronto con tutti senza usare la spranga», ha detto prima di confermare le sue intenzioni: «I campi nomadi vanno chiusi».