Cosa vuoi fare da grande? È una classica domanda che si rivolge spesso a bambine e bambini, rimanendo in attesa della loro risposta, curiosa, spontanea e soprattutto carica di futuro. Ecco perché è bello ascoltarli. Devono aver pensato a questo anche alla Rai che pochi giorni fa ha diffuso lo spot realizzato per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. La tv pubblica ha infatti creduto bene di scegliere bambine e bambini che, lungo un video di 26 secondi, dicono cosa vogliano fare da grandi.

C’è la veterinaria, il poliziotto, il maestro di sci, la stilista e via discorrendo. Ma ecco che il piano americano si allarga, lento, fino a inquadrare l’ultima bambina che, mentre chi la guarda comincia ad aguzzare il pathos e l’attenzione, candidamente dice «quando sarò grande finirò in ospedale, perché mio marito mi picchia». Fa uno strano effetto vedere una creatura piccola raccontare il proprio futuro attraverso un’immagine di violenza e di maltrattamenti a cui sarà promessa nell’età matura. Perché aprendo lo scrigno della propria fantasia non è quello il futuro che ci si può attendere né che si auguravano, probabilmente, le tante bambine che poi, da donne, sono state percosse e in molti casi uccise (dall’inizio dell’anno sono 123 i femminicidi).

Le polemiche non si sono fatte attendere e da due giorni, in particolare ieri, stanno infuriando sui social. In disaccordo sul senso e sul segno dello spot, chiedono in molti e molte il suo ritiro immediato, poiché non farebbe altro che veicolare una narrazione distorta e scorretta di cosa sia la violenza – in particolare quella contro le donne che, al netto di tutte le ambigue somiglianze, è una violenza connotata con una certa esattezza.

Cominciando da Lea Melandri che ieri si è espressa duramente sulla qualità e il senso politico di un’operazione simile e a chiare lettere ha scritto: «A chi commenta Non c’è limite, rispondo: Il limite dobbiamo porlo noi». Nel pomeriggio di ieri è arrivato anche il comunicato stampa di «Non Una Di Meno» che, mentre prepara la manifestazione di domani a Roma, dirige alla presidente Rai Monica Maggioni: «La violenza sulle donne non è un destino, non è una condanna, non è inevitabile» dichiarano le organizzatrici Di.Re Rete nazionale dei Centri Antiviolenza, Udi e Io decido, e proseguono «I Centri Antiviolenza e il movimento delle donne lottano da trent’anni per affermare l’inviolabilità del corpo femminile fin dall’infanzia, per fare in modo che sempre più donne si sottraggano alla violenza e che le generazioni future crescano libere e sicure». Altrettanto netta la posizione della Cpo Fnsi, la Cpo Usigrai e la Cpo Rai che in una nota scrivono: «Non è così che si aiutano le donne! La campagna di comunicazione della Rai per il 25 novembre, giornata per il contrasto della violenza di genere, trasmette un messaggio devastante: il futuro delle bambine è farsi ammazzare».

Su Change.org, le attiviste di Rebel Network hanno lanciato una petizione che in poche ore ha ottenuto notevole diffusione e adesione: «La violenza sulle donne», si legge nel testo, «è un problema culturale che si vince crescendo nel rispetto reciproco e nella condivisione delle differenze. Crediamo nelle buone intenzioni della Rai, ma non sono sufficienti quando il risultato le tradisce».