Secondo indiscrezioni che circolavano ieri sera, sarebbero stati liberati i tre-quattro carabinieri, responsabili per la sicurezza del consolato italiano a Gerusalemme, bloccati da lunedì in una sede dell’Unrwa (Onu) circondata dalla polizia di Hamas perché sospettati di essere agenti israeliani sotto copertura. I militari italiani non si erano fermati ad un posto di blocco.

Fonti giornalistiche di Gaza ci spiegavano ieri che il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, aveva avuto subito una posizione morbida sulla vicenda ma non poteva scavalcare l’ala militare della sua organizzazione, le Brigate Ezzedin al Qassam, intenzionata ad accertare senza ombra di dubbio l’identità dei carabinieri. Pesavano due fattori sulla soluzione della vicenda. Il primo è la scoperta lo scorso novembre – seguita da scontri a fuoco e raid aerei in cui sono rimasti uccisi una decina di uomini di Hamas – di una rete di agenti segreti israeliani (probabilmente drusi) che fingendosi cooperanti di una Ong umanitaria tenevano sotto controllo il sistema di comunicazione interna del movimento islamico. Il secondo sono i rapporti sempre più stretti tra Italia e Israele, ad ogni livello, che non sono sfuggiti ad Hamas. Contano anche le pressioni popolari. Sui social i palestinesi di Gaza chiedevano al governo di non cedere e di verificare l’identità degli uomini, in possesso pare di armi automatiche, che erano a bordo del veicolo, con targa diplomatica e bandiera italiana, entrato nella sede dell’Onu. Le autorità italiane, attraverso l’Onu, hanno spiegato ai responsabili della sicurezza di Hamas che i veicoli con targa diplomatica non sono tenuti a fermarsi per controlli ai posti di blocco.

L’Italia, pur non riconoscendo il governo di Hamas, svolge numerose attività di cooperazione a Gaza, soprattutto con le nostre Ong. Per gli italiani non ci sono problemi ad operare nella Striscia e Hamas ha sempre concesso i permessi necessari all’ingresso di cooperanti e volontari. Di recente un folto gruppo di giovani ha preso parte a Gaza ad un progetto artistico e culturale promosso dal Centro sociale Lambretta e dal Centro di scambio culturale-Vik, a sostegno delle donne e dei giovani palestinesi. L’accaduto ha rischiato di modificare sensibilmente questo quadro e di rendere problematico il proseguimento delle attività italiane nella Striscia di Gaza.