Il Governo chiude l’anno e la legislatura con due scelte importanti riguardanti le politiche sull’immigrazione che segneranno pesantemente, in senso negativo, il suo bilancio politico. Da un lato Gentiloni sceglie di non porre la fiducia sul provvedimento che introduce ius soli e ius culturae. Dall’altro sposa fino in fondo la dottrina Minniti, confermando un impegno straordinario nella “guerra ai migranti” in quell’area dell’Africa da cui partono o transitano decine di migliaia di persone in cerca di protezione. In entrambi i casi si tratta di un calcolo elettorale sbagliato e di un regalo alle destre.

Infatti, non usare tutti gli strumenti a disposizione per far approvare la riforma della legge sulla cittadinanza, sarà sbandierata come una vittoria in campagna elettorale da Salvini e Meloni (oltre che da Forza Nuova e Casa Pound).  Inoltre le destre incasseranno l’assegno firmato da Gentiloni, Minniti e Pinotti con l’invio delle truppe in Niger per fermare i flussi migratori (ma anche per interessi economici e geopolitici) nell’Africa sub sahariana. Una decisione che consolida la retorica dell’invasione, sulla quale si basa gran parte della fortuna elettorale di tutti i movimenti neofascisti in Europa. Diminuiti gli arrivi dopo il vergognoso accordo con il governo di Tripoli Serraj e le milizie libiche (e dopo quello altrettanto vergognoso con Erdogan), l’Ue e l’Italia puntano a impedire ogni possibilità di fuga per i richiedenti asilo, scegliendone soltanto alcune migliaia all’anno da portare in Europa (si parla di numeri che vanno da 10 mila a 50 mila), in sfregio ad ogni principio di solidarietà internazionale, alle convenzioni e alle leggi per il diritto d’asilo.

Il 2017 è stato un altro anno terribile per i diritti umani nel mondo e guerre, disastri ambientali, rapina della terra e delle sue risorse provocheranno un aumento delle persone obbligate a lasciare le proprie case.

L’Africa sub-sahariana è oggi teatro di conflitti e persecuzioni su molti fronti. Eppure gli accordi con alcuni governi, anche con capi di stato su cui pendono mandati di cattura internazionali per crimini contro l’umanità, come nel caso del dittatore sudanese, vengono giustificati dall’obiettivo di bloccare i flussi. Un risultato da spendere in campagna elettorale, magari rivendicando la diminuzione degli arrivi e quindi dei morti (dimenticando quanti sono uccisi e torturati nell’inferno libico dove vogliono bloccarli) e il presunto successo della guerra al terrorismo.

Se proviamo a fare un bilancio di fine anno, oltre che di fine legislatura, la guerra ai migranti non è che l’ultimo di una serie di atti che hanno caratterizzato l’operato di Minniti, che ha criminalizzato e reso impopolare in Italia anche chi svolge attività di solidarietà.

Questa “dottrina” in politica estera si traduce in una nuova forma di colonialismo che utilizza l’aiuto ai Paesi d’origine e di transito (“aiutiamoli a casa loro”) per produrre maggiore controllo e repressione, intervenendo in molti scenari già di per sé instabili, aumentando i rischi di conflitto.

Un anno nel quale l’Europa ha puntato tutto sui processi di esternalizzazione delle frontiere con il governo italiano a fare da capofila nel trasferire risorse, strumenti e soldati in un numero crescente di Paesi, per attrezzarli a combattere insieme una vera e propria guerra contro i migranti.

Sul piano interno ricorderemo il 2017 come l’anno della legge Orlando Minniti, che per la prima volta cancella gran parte delle garanzie giurisdizionali per i rifugiati, con l’eliminazione dell’appello e del dibattimento davanti al giudice ordinario.

Lo ricorderemo anche come l’anno del Codice contro le Ong, voluto dal Ministro dell’Interno per alimentare una campagna contro le organizzazioni umanitarie operanti salvataggi in mare, giustificando così il ricorso alla guardia costiera libica.

Nella prossima campagna elettorale è necessario affrontare a viso aperto, nel dibattito pubblico, il veleno che è stato diffuso a piene mani, smontare la teoria del nemico, fare una battaglia esplicita e ampia contro il razzismo e i razzisti, per i diritti dei migranti. Senza questa scelta, si rischia di lasciare uno sconfinato campo libero ai discorsi e all’iniziativa elettorale delle destre xenofobe e non solo.

* vicepresidente dell’ Arci