Un’amica posta su facebook un video di due uomini che ballano il tango. Bravissimi. Incautamente domando: chi dei due fa la donna? L’amica risponde: «Nessuno, perché nel ballo c’è chi guida e chi segue, non chi fa la donna o l’uomo. In Argentina spesso ballano fra uomini e si dice che all’inizio il tango fosse così per mancanza di donne». È vero e basta guardare i video dei fratelli Enrique e Gulliermo de Fazio, conosciuti come Los Hermanos Macana, celebri e fascinosi tangueros che si scambiano spesso i ruoli.

Se ho sbagliato il linguaggio è anche colpa dell’imprinting che ho ricevuto nelle mache balere delle feste di paese o dell’Unità dove mio padre, bravissimo ballerino di liscio, mi portava da piccola. Lì, una delle prime regole che si imparavano era che l’uomo porta e la donna si adatta. Una ballerina era ambita se era «Leggera come na piuma», se «La porti e non te ne accorgi gnanche», se «Capise subito da che parte la mandi e non ti pesta i diti dei piedi», insomma se sapeva stare al suo posto e seguire.

Più di una volta mio padre mi ha rimproverato perché tendevo a dirigere il ballo. «Mo te vuoi sempre andare dove vuoi te e non va mica bene. È l’uomo che guida». Si babbo va bene, gli rispondevo, ma dovevo fare uno sforzo perché la tentazione di svirgolare era sempre in agguato.

Crescendo e cambiando città, mi è capitato molte altre volte di ballare, ma mai più il liscio perché i miei coetanei proprio non sapevano dove mettere i piedi. Nessuno glielo aveva insegnato e loro non avevano voglia di imparare. Sono quindi diventata un’orfana del liscio soprattutto dopo che mio padre non ha più avuto i polmoni per volteggiare.

Quando lo andavo a trovare e tornavamo a qualche festa dell’Unità, lui si sedeva sul bordo della pista a guardare gli altri ballare. Stava attaccato alla bombola di ossigeno e muoveva i piedi da fermo. Qualche volta, per fare contento lui ma anche me, lo trascinavo in pista e lui era felice, ma dopo due o tre giri ansimava e bisognava tornare a sedersi. È finita che, per non imporgli quella sofferenza, quando si andava alle feste si stava alla larga dal ballo.

Rifletto sul mio commento lasciato su FB e mi accorgo che anche nel ballo i ruoli non sono decisi per volontà divina, ma dalle convenzioni che, in quanto tali, sono capovolgibili. La mia parte affettiva è legata ai ruoli decisi da mio padre, la mia amica ballerina mi ricorda che nel tango argentino prima viene il piacere della danza e poi il genere.

Sapere che laggiù due uomini che ballano il tango non fanno notizia, ma sono la normalità, dà qualche speranza sul genere umano e sulla sua capacità di cambiare gli schemi. Se si ha voglia di ballare si ha voglia di vivere, se si abbattono le gabbie mentali nella danza lo si può fare anche nella vita.

Non è un caso se molti regimi hanno proibito musica, danze e ogni espressione corporea felice. Un corpo felice, che guidi o che segua, preoccupa sempre i dittatori perché è un corpo libero, che non si assoggetta, non ha paura, che esprime desiderio di vita e di scoperta, non volontà di chiusura e di morte.

Detto ciò, guidare e seguire nel ballo sono due cose molto diverse e cambiare ruolo non è facile, ci vuole pratica e comunque è molto diverso dal comandare e ubbidire. Nel tango argentino, per esempio, l’uomo può suggerire un passo, ma la donna può spingerlo altrove e la danza diventa un dialogo, non un’imposizione e se non c’è sintonia si resta ingessati alla mattonella. Lo scoprii frequentando un corso, molti anni fa. Lo abbandonai dopo poche lezioni, nessuno dei maschi capiva che cosa doveva fare, soprattutto avevano paura di guidare. E lì, il mio babbo mi è mancato tantissimo.

mariangela.mianiti@gmail.com