Dopo la prima perquisizione di settembre nello studio dell’avvocato Alberto Bianchi, una trentina di perquisizioni a Firenze, Milano, Modena, Torino, Bari, Alessandria, Pistoia, Roma, Napoli e Palermo sono state eseguite dai finanzieri nell’ambito di una inchiesta della procura fiorentina sui finanziamenti alla Fondazione Open, chiusa lo scorso anno ma che fin dal 2012 e per sei anni ha sostenuto le iniziative politiche di Matteo Renzi, fra cui la Leopolda, raccogliendo 6,7 milioni di euro. Ad essere perquisiti imprenditori e rappresentanti legali di società i cui nomi risultano tra i finanziatori della Fondazione. Ad alcuni di loro sono contestate le accuse di autoriciclaggio, riciclaggio, appropriazione indebita aggravata e false comunicazioni sociali.
Secondo le ipotesi accusatorie, la Fondazione Open avrebbe agito come articolazione di partito, rimborsando spese a parlamentari, e mettendo a loro disposizione carte di credito. La replica di Bianchi, 65 anni, titolare di un importante studio legale, è stata immediata: “Rinnovo la mia piena collaborazione con la magistratura affinché sia fatta chiarezza prima possibile sull’indagine che mi riguarda. Sin da subito mi sono messo a disposizione fornendo qualsiasi atto mi fosse richiesto. Del resto tutte le entrate e le uscite della Fondazione Open sono tracciabili. È stato fatto tutto alla luce del sole”. Mentre il suo difensore, l’avvocato Nino D’Avirro, ha puntualizzato: “La perquisizione al mio assistito è stata eseguita in relazione alle sole ipotesi di reato di finanziamento illecito ai partiti e traffico di influenze illecite, e non di altri reati”.
L’ipotesi di traffico di influenze illecite è legata a un compenso di 800mila euro che nel 2016 Bianchi aveva ottenuto dal gruppo Toto come consulenza per un contenzioso da 75 milioni con Autostrade. Di questi soldi, 400mila euro erano poi finiti per metà nelle casse della Fondazione, per l’altra metà al Comitato per il Sì alla riforma costituzionale, quella bocciata al referendum del 4 dicembre 2016. Il sospetto degli investigatori è che quel compenso fosse un escamotage per mascherare un finanziamento illecito, mentre Bianchi sostiene che era esclusivamente il pagamento della sua prestazione professionale. Ma i finanzieri indagano anche sui rapporti tra la Fondazione e l’imprenditore Patrizio Donnini, leopoldino della prima ora, che a sua volta nel 2016 avrebbe ricevuto dal gruppo Toto oltre 4 milioni, in parte con operazioni di compravendita di quote societarie effettuate dalla società immobiliare Immobil Green.
Per certo il M5S sul Blog delle Stelle è andato all’attacco, chiedendo una commissione di inchiesta parlamentare da inserire nel futuro contratto di governo del prossimo gennaio: Di Open si occuperà la procura, di chi e come finanzia i partiti si deve occupare il Parlamento”. “Mi sembra che in Italia ci siano troppe commissioni d’inchiesta – ha replicato il tesoriere del Pd, Luigi Zanda – e credo che in via ordinaria il Parlamento debba lasciar lavorare in pace la magistratura”.
Naturalmente sulla vicenda è intervenuto, su facebook, anche lo stesso Matteo Renzi: “Chi ha finanziato in questi anni la Fondazione Open ha rispettato la normativa sulle fondazioni. Tutto è stato fatto con la massima trasparenza. Comunque basta avere un po’ di pazienza e a noi la pazienza non manca. Lasciamo che ci siano le indagini, i processi, le sentenze. E rispettiamo il lavoro dei giudici, dei finanzieri, dei giornalisti. Noi siamo per la trasparenza, sempre. E i processi li vogliamo fare nei tribunali, non nei social”.